Non sono più interessato ai rapporti. Non tollero più le complicazioni dettate dalle sofisticazioni caratteriali, non voglio più impattare con gli egoismi umani per seguire una regola conviviale pena la solitudine; che sia, allora, questa solitudine emotiva! Che si risolva in un incontro fisico e non spirituale, se quest’ultimo dovesse significare esplorare soltanto il bassamente umano, non le guglie inumane; che le rincorse trascendentali si sfaldino sulla mia pelle e facciano dimenticare ogni dinamica di coppia: non ho più quella coatta determinazione d’ascoltare i faticosi cortocircuiti mentali altrui.
Signora, dove sei? Trovarti, scavarti, scavarsi, assume il senso delle metafisiche? Con quale tramite imponi il destarsi, quand’è notte; attraverso quali segnali mostri le inclinazioni mie, Tue, loro? Princìpi archetipali dell’inumano scaturiti dal didascalico da incarnarsi, ed è qui l’ossimoro che interpreto? Umano che desidera l’inumano attraverso la Tua lente: ma cosa sei, Tu, se ti vedo attraverso il gioco delle dominazioni e sottomissioni?
Signora, amministra la tua stirpe caotica e genera frattali, delibera la libertà, estendi la vibrazione istantanea che sei verso il bisogno interiore; tu umano ascoltati, ascoltaLa, percorri le Sue vibrazioni nella delibera delle scelte.
Mi accorgo che scavando nel principio divino, passo dal didascalico al trovarmi di fronte ai Suoi archetipi, alle dinamiche profonde dei rapporti domsub, tanto da comprendere come io abbia sostanzialmente sempre evitato di rapportarmi con l’altro e di come ora sia stanco d’interpretare la ricerca di un confronto, ma soprattutto di quanto scavare in Lei significhi ribaltare ogni logica percorsa prima, di come ciò assuma il senso della comprensione di sé, di una comunione tra umano e superiore.
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