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NeXT Hyper ObscureArchivio per Giuseppe Ielasi
Kjell Bjørgeengen and Chris Cogburn – Fear of the Object | Neural
[Letto su Neural]
Sono il risultato di tre anni di lavoro questi quattro cd, frutto della collaborazione tra il videoartista Kjell Bjørgeengen ed il percussionista Chris Cogburn, che assieme hanno deciso d’esplorare le differenze tra le frequenze di risonanza e le armoniche di alcuni oggetti materiali, nonché l’esattezza dei toni sinusoidali in una giusta intonazione. Dal vivo il progetto s’arricchisce d’ulteriori segnali audio che ben oltre i classici input di volume o frequenza sono trasformati in video, i quali, a loro volta, vengono nuovamente rimodulati in emissioni auditive attraverso un processo di sonificazione dei dati spuri emessi dal segnale. È un ciclo ossessivo quello messo in atto, dalle connotazioni a volte industrial e in altri casi space-distopiche. La ripetizione in questo caso non ha nulla a che fare con la ripetizione dell’uguale, perché, parafrasando Deleuze, “ripetizione non è somiglianza” e se l’individualità dell’oggetto – di un dato – consiste in tutto ciò che lo definisce esattamente, non può esserci confusione: esso è proprio quel dato e non qualcos’altro. I suoni che risultano dai dati sono accompagnati dalle percussioni di Ingar Zach, dal violoncello di Aimée Theriot-Ramos, dal contrabbasso di Juan García e dall’altro violoncello di Judith Hamann, quasi a ricordarci che la musica ha ancora un suo specifico campo d’azione, perché le risonanze degli oggetti fisici sono comunque in relazione con gli spazi architettonici nei quali si svolge la performance: una forma cameristica contemporanea nella quale la nozione di soggettività artistica è messa a confronto con condizioni oggettive, in un’indagine di una realtà mediata, prodotta in maniera certo inconsueta anche per chi può vantare studi e consuetudini in ambito improvvisativo o contemporary classical. Ognuno dei quattro cd presentati è stato registrato in una città diversa (Madrid, Coyoacán, Oslo e Città del Messico), sfruttando anche prove e altre occasioni d’incontro dei musicisti coinvolti, le cui fatiche sono state poi mixate e masterizzate da un altro musicista ben conosciuto in questi ambiti di ricerca, Giuseppe Ielasi. In quella che è la preparazione di questi eventi musicali le condizioni fisiche imposte dai dati e dallo spazio hanno la priorità sul resto e gli interventi dell’ensemble arrivano solo dopo quella che è l’esperienza complessiva di tutto il setting, in una sorta di neutralità espressiva che annulla i singoli musicisti, soffocando qualsiasi anelito interpretativo, quasi in un riflesso condizionato, che risponde solo dell’insieme della situazione. I 4 CD sono contenuti in altrettanti cartonati disposti in un‘elegante scatola con acclusa una stampa piegata a fisarmonica fronte-retro a 6 pannelli con immagini video tratte da una performance svoltasi ad Austin.
Holy Similaun – Radicor al flort, espert on’ill il erb, aor Raetia | Neural
[Letto su Neural]
Con un brano sul lato A di poco meno che undici minuti (“Radicor al flort, espert” ) e un altro sul lato B di otto minuti e mezzo (“on’ill il erb, aor Raetia”) la definizione di long playing forse non è totalmente calzante, soprattutto se poi il numero di giri al minuto è di 45 e non di 33. Eppure – a certe latitudini stilistiche – è il meno che possa capitare: la natura dei progetti e l’ispirazione combinatoria permette questa e ben altre libertà. Holy Similaun, che in realtà è un artista italiano, lo sa bene e dopo tre album all’attivo dal 2018 ad oggi continua sempre con strategici ma obliqui spostamenti stilistici, che includono industrial ed experimental, glitch e dark ambient, noise ed abstract, arrivando adesso a melodie eccentriche, fitte distorsioni e ancora muri di rumore. Ad accompagnarlo c’è di nuovo – dopo la partecipazione al precedente Arcaskathel – Micol Belletti, aka Archipel, alle voci, oltre ad aver anche scritto i testi, coadiuvati da rouge-ah all’arpa, con interventi sempre misurati ma allo stesso tempo lirici. Il linguaggio utilizzato non è esplicabile e nemmeno riconducibile ad una lingua precisa: è pura necessità, un costrutto sensoriale apparentabile alla scrittura senza uno specifico contenuto semantico. Del versante dark ambient rimangono le atmosfere oniriche, cupe e distaccate, una certa sospensione che collega episodi differenti e le dolci litanie di Archipel, anche se adesso le dissonanze sono più urgenti e anche il montaggio si è fatto più astratto e decostruito, potendosi avvalere anche del gran lavoro fatto da Giovanni Lami nell’amalgamare le parti vocali, decisive in entrambe le due composizioni, nelle quali comunque serpeggia un certo senso di nostalgia, che sembra diventato il sentimento dal quale la musica della post-contemporaneità non può più svincolarsi, marcando i territori d’una ibridazione sempre problematica fra corpi e tecnologie. Le due composizioni sono allucinate e appassionanti, masterizzate allo stato dell’arte da Giuseppe Ielasi, uno specialista di altissimo livello nella post-produzione audio, musicista d’area sperimentale e compositore a sua volta, anch’egli avvezzo da tempo a progetti collaborativi e scambi d’energie concettuali che qui evidentemente si sono combinate in maniera eccentrica e feconda, dando la giusta densità e coerenza al tutto.
Giovanni Lami – Monumento Fiume | Neural
[Letto su Neural]
Sono il risultato di molteplici field recording raccolte durante un progetto di residenza svoltosi nel Comune di Cotignola, in provincia di Ravenna, le due tracce presentate da Giovanni Lami che vanno ad arricchire il catalogo della Kohlhaas, etichetta italiana guidata da Marco Segabinazzi che spazia dall’improvvisazione radicale all’elettroacustica, dalla poesia sonora alla composizione contemporanea. Se il nome dell’etichetta ci riporta all’omonimo romanzo di Heinrich von Kleist (e solo in seconda battuta al derivativo monologo che ha segnato a fine anni ottanta la nascita del teatro di narrazione italiano), il titolo Monumento Fiume è invece un’altrettanta elegante costruzione testuale, un ossimoro che riflette il carattere sia statico che dinamico delle due composizioni, pervase da un flusso emotivo vibrante, caratterizzato dall’utilizzo di più tecniche. Rumori di natura o in ambienti antropici, voci ed emergenze auditive delle più disparate sono catturati dai microfoni e piccoli suoni sono enfatizzati: l’intento è quello di rendere la complessità del paesaggio, di restituire al territorio e al paese un patrimonio che non a tutti è dato riconoscere nel suo segreto manifestarsi. Le composizioni – che in principio hanno preso le forme di un’installazione negli spazi della Chiesa del Pio Suffragio – s’imprimono fluenti e assai dettagliate, seppure negli intenti di Lami sia predominante una concezione del suono come pratica sociale e mezzo di comunicazione, predisponendo in pratica una costituente mappa sonora che dia l’avvio per un vero e proprio archivio destinato ai posteri e ad uso di tutta la comunità locale. A finalizzare la qualità delle registrazioni – al mastering – è intervenuto Giuseppe Ielasi, un altro sound designer e compositore elettroacustico di provata esperienza anche nel campo della post-produzione audio. Il suo tocco ha aggiunto ulteriore equilibrio e coerenza a suoni già potentemente distinti e musicali, giustapposti con gran cura e voglia di raccontare ogni aspetto particolare, proprio e caratteristico delle superfici risonanti oggetto delle catture auditive. I materiali raccolti non danno l’idea d’essere tutti completamente grezzi, ma questo non è dato saperlo con esattezza, né l’autore a riguardo ha ritenuto di dover specificare alcunché. Serpeggiano come delle arie minimali, in alcuni passi di tipo ritmico e in altri dalle modulazioni maggiormente melodiche, frutto comunque di una gran padronanza nel creare passaggi musicalmente significativi.