HyperHouse
NeXT Hyper ObscureArchivio per settembre 2, 2011
Warning
Scemando lungo vie neurali di pura catarsi, mi volto e trovo un avviso di energia olografica fisso sulle coordinate inumane.
Soffoco
Soffocare in gola, tentare di respirare per spremere soltanto un istante successivo, sperando che lo stupore non sia letale. È buio, qui, per un attimo solo è diventato un buio spettrale e senza fondo: è restare sospesi sull’abisso.
Pontifex
Vedo ogni sfumatura di nero divenire energia; vedo le tue linee vitali mapparsi come un campo di forze arcaiche, attraverso le illusioni temporali. Vedo le disgregazioni delle certezze, e le evanescenze delle percezioni che le sostituiscono, ed è il delirio della mia esistenza che vacilla.
C++
Il senso del baratro incipiente. Il senso della rivelazione che preme da più parti dell’olografia: conta i brividi sulla pelle modificata per ogni bizzarra emozione, basta utilizzare la regola postfissa.
Una perla di umorismo e di lucidità di Friedrich Durrenmatt | Booksblog.it
[Letto su BooksBlog.it]
Sono le idi di marzo del 476 d.C. e l’Impero Romano d’Occidente vive le sue ultime ore sotto la guida di quello che la storia ricorderà come il suo ultimo imperatore, Romolo Augusto. Ma il personaggio che prende vita dalla penna e dalla fantasia beffarda di Friederich Durrenmatt non è quello che la storia sembrerebbe suggerirci: difatti, invece di cercare in ogni modo di lottare per far sopravvivere l’Impero e la sua tradizione, Romolo Augusto rimane in attesa degli invasori nella sua villa campana.
E mentre tutti coloro che lo attorniano – dal prefetto Spurio Tito Mamma all’imperatore d’Oriente Zenone Isaurico, dalla moglie Giulia fino al commerciante di pantaloni Cesare Rupf – si affannano inutilmente nel cercare di risvegliare nell’imperatore il senso dello stato e dell’onore, Romolo Augusto li ignora, dedicando la propria attenzione all’allevamento di polli, ognuno dei quali porta il nome di un suo predecessore.
Tutto quanto cade a pezzi: da una parte l’Impero, che assiste all’invasione dei Germani, dall’altra la villa, messa in vendita pezzo dopo pezzo dallo stesso imperatore. Come può l’imperatore Romolo Augusto non accorgersene? Perché non fa nulla? Cosa aspetta a seguire il consiglio del suo generale Mares, che lo incita a chiamare il popolo romano alla mobilitazione generale?
Il lettore non può non essere spiazzato dal comportamento di questo strano imperatore, tra inettitudine e irresponsabilità, tra demenza e follia. Eppure, più i Germani si avvicinano al cuore dell’Impero, più la figura di Romolo Augusto prende forma, strappandosi la maschera di povero idiota e vestendo quella di vero e proprio giustiziere; un cambiamento che rende il personaggio ideato da Durrenmatt assolutamente geniale.
“Non sono stato io a tradire l’impero” – dice Romolo al genero Emiliano alla fine del terzo atto – “E’ Roma che ha tradito se stessa. Conosceva la verità, ma ha scelto la violenza; conosceva l’umanità, e ha scelto la tirannide. Doppiamente si è disonorata: di fronte a se stessa, e di fronte ai popoli che erano affidati al suo potere.”
E’ l’inizio della fine che, rocambolesca, stupirà il lettore e sovvertirà la storia, facendo di questo Romolo il grande un libro di assoluta attualità, la cui lettura, agile e divertente, squarcia il velo dell’ipocrisia del potere – di ogni potere – e lancia un monito a tutti noi.