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Astronomia e matematica nell’antica India: le intuizioni di Brahmagupta e Bhāskara Acārya


Su AxisMundi un articolo molto approfondito sulla genesi dei nostri numeri e, in generale, sulle capacità matematiche degli Indiani e di riflesso, degli Arabi. Illuminante…

Il colonialismo ha distrutto non solo interi popoli e civiltà, ma talvolta anche la verità storica. In India già secoli prima di Copernico erano già esistiti astronomi che avevano dimostrato, con precisione fisica e matematica, la visione eliocentrica. Studiosi come Brahmagupta (598 – 668 d.C.) e Bhāskara Acārya (1114 – 1185 d.C.) sono gli eredi della millenaria conoscenza esoterica dei Veda e le loro scoperte matematiche ed astronomiche sono il frutto di questo millenario sapere ancora oggi nascosto all’umanità o mal compreso.

Brahmagupta fu il primo matematico a considerare lo zero secondo i canoni moderni e riuscì a risolvere importanti problemi relativi alle equazioni di secondo grado e descrisse la forza di gravità. Ancora più straordinari sono gli studi di Bhāskara Acārya: egli comprese il calcolo infinitesimale secoli prima di Newton e di Leibniz, approfondì le proprietà dello zero e il modello eliocentrico del sistema planetario (già esposto nel 499 da Aryabhata), calcolando il tempo di rotazione della terra attorno al sole. Molti studiosi eurocentrici hanno tentato, invano, di mostrare che le scoperte matematiche e astronomiche di Bhāskara erano il frutto dell’influenza occidentale: ma è vero esattamente l’opposto.

L’enigma dello zero. Brahmagupta era un grande astronomo e le sue doti in ambito matematico erano straordinarie. Si occupava dell’osservatorio astronomico di Ujjain, città che risale ai tempi del poema storico Mahabharata e che rappresenta per la sapienza vedica il primo meridiano; ciò sta a significare che la perfetta conoscenza astronomica non era scissa da un uso e uno scopo sacro, cioè il calcolo astrologico-karmico.

A differenza dell’astronomia contemporanea, che vede il cosmo come un cieco vede i colori, l’astronomia vedica sapeva intendere le corrispondenze e il piano divino manifestato nell’universo. Lo zero che non è un ‘numero arabo’ ma dagli arabi fu portato in Europa. Lo zero è un enigma, poiché non rappresenta una quantità determinata ma non è neppure il nulla. Il nulla del resto è una astrazione della mente moderna: già Parmenide faceva notare che “il nulla non esiste”. Nelle lingue antiche vi è il concetto di vuoto. Lo zero, cifra indicata nel sanscrito come un piccolo cerchio, da noi diventerà simile ad una ellisse: esso è il simbolo dell’infinito, del Brahman che sta alla base di tutte le cose, come l’energia del vuoto manifesta e sostiene il visibile — ecco perché lo zero accanto ad ogni numero ne aumenta la quantità.

Brahmagupta studiò in particolare lo zero come numero nelle sue relazioni aritmetiche; il grande matematico enunciò in modo corretto le regole che riguardano i numeri negativi. La differenza rispetto ai moderni risiede nel fatto che Brahmagupta, a proposito della divisione per zero, non lascia il risultato indefinito ma afferma chiaramente che 0/0=0. Perché questa determinazione? Nella matematica moderna ciò sarebbe un problema per il calcolo differenziale. Ma la posizione del matematico è qui anche filosofica e metafisica. L’Assoluto diviso l’Assoluto dà sempre l’Assoluto, cioè il Divino. Un Assoluto dinamico e mai statico, come in certe teologie negative occidentali. Inoltre Brahmagupta propose il modo corretto di risolvere le equazioni di secondo grado; fu il primo, nella storia, a risolvere l’equazione diofantea (Diofanto aveva dato una soluzione particolare di una formula indeterminata, mentre Brahmagupta fornì tutte le soluzioni).

La matematica aveva un significato esoterico, iniziatico: non era un calcolo meramente astratto. Pitagora imparò il significato mistico della matematica dalla cultura vedica, le cui tracce trovò in Egitto e forse in India. Senza la mistica matematica dei pitagorici Galileo Galilei non avrebbe avuto la sua grande intuizione: [l’Universo] è scritto in lingua matematica.

Ma questa è una visione mistica del cosmo, poiché presuppone una intelligenza divina che conosce tale lingua e la utilizza per dare ordine (cosmos, appunto) alla materia. Credere che il caso abbia dato un ordine geometrico al tutto è come credere di poter risolvere calcoli esponenziali tirando a indovinare. Galileo Galilei, Giovanni Keplero e Isaac Netwon conoscevano la valenza sacra dell’astronomia: non dimentichiamo che Keplero praticava l’astrologia e calcolò la data di morte del condottiero Wallenstein, il 1634. Keplero era sprezzante verso gli astrologi da strapazzo, che fanno un uso superficiale e distorto di un’arte che solo pochi iniziati sanno praticare a un livello corretto ed elevato.

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