Su L’occhioDelCineasta una bella recensione a EraserHead, il primo lungometraggio di David Lynch, datato ’77 che annunciava i deliri lucidi del regista americano, spesso in odor di occultismo junghiano, se mi permettete la definizione. Un estratto:
Nella filmografia di David Lynch è possibile rintracciare già dai suoi primi lavori, il mondo della metamorfosi e dell’ibridazione che si unisce drasticamente a quello animale e dei freaks. In uno dei suoi primissimi lavori, The Grandmother, dalla durata di 34 minuti, in bianco e nero in cui troviamo un mix tra riprese convenzionali e utilizzo degli effetti speciali più rudimentali, simili all’animazione. In tale cortometraggio rintracciamo la prima metamorfosi visiva del regista di Twin Peaks, la quale viene sfruttata come metafora, fine e delicata, necessaria per la comprensione della storia narrata.
L’estetica presente in The Grandmother è rintracciabile nel primo lungometraggio indipendente del regista,Eraserhead – La mente che cancella (1977), divenuto, nel corso degli anni uno dei più grandi film di culto del cineasta oltre che nel genere dell’orrore e del grottesco anche grazie alla sua complessa narrazione visiva e concettuale che rende il prodotto molto complesso da interpretare in una chiave di lettura precisa e chiara.
La storia conduce lo spettatore in un viaggio nell’inconscio umano ambientato da mostri in cui sogno, fantasia e realtà vanno a intersecarsi tra loro. Lo stesso David Lynch non ha mai voluto svelare il significato della storia asserendo che lo spettatore tramite il suo vissuto può dare un senso privato alla vicenda.In Eraserhead – La mente che cancella, nonostante l’enorme complessità narrativa, vi è riscontrabile una storia domestica e di famiglia dai contorni tragici, come accade anche in The Grandmother.
La metamorfosi finale, nonostante non sia completamente realistica, risulta all’interno del lungometraggio totalmente credibile, grazie a un ottima capacità registica che va a unire “animazione” con realtà. Lo stesso modellino della testa gigante, pur apparendo finto, non perde la sua forza inquietante.
Il mostro creato da Lynch però non dona mai un reale senso di terrore tipico dell’horror ma crea una sensazione di attrazione e repulsione che rintracciamo nell concetto di unheimlich, in qualcosa che riconosciamo come familiare e che, proprio per questa sua natura ci sconvolge e ci turba.
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