Su AxisMundi un lungo excursus sulle sparizioni che la tradizione popolare anglosassone ha sempre voluto causate dagli gnomi e dalle fate. Qui, quelle suggestioni s’intrecciano con lo spirito dei luoghi selvaggi che, si cita, Algernon Blackwood e Arthur Machen hanno sempre narrato nei loro racconti folgoranti; non ultimo, anche le spiccate essenze fantastiche di Picnic a Hanging Rock, gli X-Files, True Detective e TwinPeaks trovano il giusto posto nell’articolo. Un estratto inesaustivo:
Pur non avendo mai avuto, fin dalla fondazione avvenuta nel 1776, una tradizione religiosa strettamente propria, gli Stati Uniti d’America più di ogni altro stato al mondo si configurano come l’area geografica che, tra lo scorso secolo e l’attuale, ha visto nascere una serie di correnti culturali nella cosiddetta “realtà alternativa” che potremmo definire pseudo-religiose. Si tratta di movimenti che, pur non potendo essere catalogabili stricto sensu come “religiosi”, sono basati su credenze ben precise condivise dai membri interni che spesso presuppongono una fede incondizionata nell’argomento, se non addirittura l’aver vissuto in prima persona un’esperienza catalizzatrice della stessa.
Il caso più famoso resta ovviamente la “religione” ufologica, con tutte le sue derive più o meno New Age, dalle abductions alla fecondazione in vitro di ibridi umano-alieni, fino alle più estreme teorie cospirazioniste che parlano di “rettiliani” et similia. Ma molti altri esempi potrebbero essere portati a titolo di esempio: la credenza nell’esistenza del Bigfoot/Sasquatch, omologo del più noto Yeti himalayano; il chupacabras, che molti vogliono responsabile delle cosiddette “mutilazioni del bestiame”; il Mothman, i cui avvistamenti avverrebbero poco prima di catastrofi inimmaginabili (si dice sia stato avvistato anche prima dell’attacco alle Torri Gemelle); il Diavolo del Jersey; e via discorrendo.
Si potrà anche bollare tutto quanto come “fuffa New Age” e roba da fantascienza di serie Z — ciò, d’altronde, sembrerebbe nella maggior parte dei casi assolutamente lecito — tuttavia una riflessione sull’argomento (e più in particolare, come vedremo, su una “casistica” di casi portati all’attenzione del pubblico solo recentemente) potrebbe condurci a ipotesi degne di attenzione.
D’altronde, le testimonianze del folklore locale di mezzo secolo fa indicavano che le bizzarre superstizioni di quelli che furono i primi coloni erano ben lungi dall’essere dimenticate, e anzi ancora sopravvivevano in maniera residuale. Per esempio, ancora nel 1960 in Ohio si pensava che facendo indossare ai proprio figli maschi in tenera età abiti femminili si sarebbe impedito ai fairies di rapirli; una credenza senza dubbio importata in America da immigrati irlandesi [Varner 51]. Ancora nell’Ottocento, dunque, i pleasant americani consideravano responsabili delle sparizioni di bambini proprio i fairies: paradigmatico a riguardo è il caso dei rapimenti di Dubuque, nello Iowa, avvenuti nel 1886.
Vale anche la pena di notare come, da sempre, l’area statunitense ben si presti ad un processo di “sovrannaturalizzazione” dell’ignoto: nello stato di New York nacque Charles Fort, “indagatore dell’Inquietante e dello Straordinario”, così come pure John Keel, alfiere insieme al francese Jacques Vallée della cosiddetta “ipotesi parafisica”, di cui abbiamo già parlato su queste pagine. L’America diede anche i natali a Richard Shaver, le cui schizofreniche “visioni” gettarono i lettori di Amazing Stories nel panico più totale. Il cinema e la televisione, da parte loro, hanno cavalcato l’onda della “febbre per il sovrannaturale”: si pensi solo a due dei serial più di successo degli anni Novanta, Twin Peaks e The X-Files, fino al più recente True Detective, titoli che tra l’altro ritorneranno in questa trattazione per la connessione con alcuni dei casi che tratteremo.
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