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Archivio per settembre 29, 2023

Bruce Sterling e il Versificatore di Primo Levi, “the most torinese thing ever” – la Repubblica


Repubblica riporta un intervento di Bruce Sterling, avvenuto ieri a Torino; l’argomento? Primo Levi e le intelligenze artificiali. Vi lascio a un estratto dell’articolo:

Che c’entra Primo Levi con Bruce Sterling? Che c’entra lo scrittore italiano noto soprattutto per i bellissimi e toccanti Se questo è un uomo e La tregua con l’autore che, insieme con William Gibson, ha dato vita al cyberpunk, sfornando opere come l’antologia Mirrorshades, La matrice spezzata e La macchina della realtà?
C’entra perché il secondo ha un’inaspettata passione e ammirazione per il primo e anche perché fra i due c’è un punto di contatto non molto noto, come lo stesso Sterling ha raccontato ieri mattina sul palco delle OGR di Torino durante la prima giornata di Italian Tech Week 2023.
Questo punto di contatto è nascosto in un racconto scritto da Levi all’inizio degli anni Sessanta e a sua volta nascosto nella raccolta Storie naturali, pubblicata per la prima volta da Einaudi nel 1966: si intitola Il Versificatore, è diventato un telefilm (prodotto dalla Rai) nel 1971 e parla di ChatGPT. Oltre sessant’anni prima che nascesse ChatGPT.

La Atlas Corporation | FantasyMagazine


Su FantasyMagazine la segnalazione di una nuova uscita per Hypnos: La Atlas Corporation, di Linda De Santi, edita nella collana “NuoveVisioni” curata da Andrea Gibertoni. La quarta:

Il lavoro è sicuramente uno di quegli aspetti fondamentali nella vita di ognuno di noi: offre dignità e la possibilità di sentirsi indipendenti, oltre a tutto il resto. Lo sa bene anche Adele che, lasciatasi alle spalle la propria cittadina natale insieme ad alcuni impieghi insignificanti e di scarsa prospettiva e un’esistenza che le va stretta, vede finalmente presentarsi l’occasione che attendeva da tanto, forse da sempre.
È stata assunta alla Atlas Corporation, azienda dal  grande appeal e in cui pare che “si decida il futuro”. Le solite esagerazioni da ufficio marketing, ci mancherebbe, anche se in effetti c’è qualcosa di davvero sfuggente in tutte quelle immagini che passano in continuazione sullo schermo del computer di Adele e che lei ha il compito di “valutare”. E cosa significano quelle strane figure geometriche di cui tutti i colleghi parlano?

Esce il Premio Kipple 2023″Le colpe che c’imponiamo e altri racconti”, di Axa Lydia Vallotto e altri autori | KippleBlog


[Letto su KippleBlog]

Esce oggi Le colpe che c’imponiamo di Axa Lydia Vallotto, il racconto vincitore del Premio Kipple 2023, in un volume contenente anche i racconti dei finalisti, sei storie scritte da Tea C. Blanc, Giuliano Cannoletta, Debora Donadel, Carlo Menzinger di Preussenthal, Paola Viezzi, Vanessa West. La copertina è di Ksenja Laginja.

NOTA EDITORIALE
Kipple ha scelto di premiare i migliori racconti pervenuti in redazione e attinenti alla propria linea editoriale. Per la sezione romanzi, ce ne rammarichiamo, non è stato ravvisato alcun contributo che soddisfi le caratteristiche ricercate all’interno del Premio; i romanzi pervenuti si sono comunque distinti per una buona qualità e ci teniamo a ringraziare tutti gli autori partecipanti che hanno accettato la sfida Kipple.
Ricordiamo ai nostri lettori e autori che dall’edizione dell’anno precedente il Premio Kipple è stato unificato al Premio ShortKipple; esistono certamente le differenziazioni tra romanzo e racconto ma, come in questo caso, il Premio Kipple può essere assegnato soltanto a una sezione – anche se, lo auspichiamo sempre, preferiamo premiarle entrambe.

ESTRATTO – dal racconto “Le colpe che c’imponiamo”, di Axa Lydia Vallotto, vincitore Premio Kipple 2023
Portarono via mamma per prima e il ricordo mi ha ossessionata per anni. Mi sono detta che avrei potuto fare qualcosa per impedirlo, me lo sono ripetuta fino a farlo diventare parte di me. Non era vero, ero solo una ragazzina spaventata, indebolita dalla mancanza di ossigeno e dallo shock. Non avrei potuto difendere nemmeno me stessa.
Ma non lo sapevo. E l’impotenza è più spaventosa persino dei sensi di colpa.
Ti dispiacerebbe partire dall’inizio?
È… complicato. La memoria mi fa ancora scherzi strani, quando ripenso a certi momenti.
Non preoccuparti. Racconta quello che ti ricordi.
Sono nata in una piccola città di Gandikar – probabilmente è più conosciuta come Prometheus b. Ho avuto un’infanzia normale, per gli standard di un pianeta-riserva. Prometheus è proprio sull’orlo del Protettorato, lontano da tutti, e soprattutto lontano dalla civiltà.
Eravamo poveri. Non lo sapevo, per quanto eravamo tagliati fuori da tutto. Ho scoperto solo da adulta che non è normale accendere l’holo solo durante il giorno, perché c’è l’elettricità direttamente dal tetto solare. Di notte spegnevamo tutto il possibile, le batterie non erano abbastanza potenti. Sembra assurdo dirlo ora che non devo più lavare i vestiti a mano perché ho un pulitore tutto mio, nel mio appartamento, e posso usarlo senza paura di sovraccaricare la rete elettrica.
È strano crescere su un pianeta-riserva. C’è questo contrasto tra quello che vivi tutti i giorni – l’holo solo con la luce, i paesi piccoli e agricoli, i materiali di recupero, gli oggetti vecchi – e la consapevolezza, come un rumore bianco di fondo, che fuori ci sia altro. Vedevo le navette da sbarco atterrare ogni settimana allo spazioporto. Vedevo le persone nell’holo vestite in modi assurdi, che parlavano di cose assurde, e le ecumenopoli con l’orizzonte di grattacieli e le luci dallo spazio come ragnatele dorate. Ero troppo piccola per capire, ma anche troppo grande per non rendermi conto, non so se mi spiego.
Eri felice, o sentivi la mancanza di qualcosa?
Non avevo idea di quanto il resto dell’universo fosse diverso, quindi non sentivo la mancanza di nulla. Ma ogni volta che guardavamo l’holo riempivo i miei genitori di domande a cui non potevano rispondere. Ripensandoci ora, dev’essere stato doloroso per loro, ma non mi hanno mai impedito di farlo. Mi davano le risposte che potevano darmi. Mi ricordo di un servizio sui propulsori ad antimateria che mi fece decidere che sarei diventata ingegnere spaziale, e di papà che fu costretto a farmi tornare alla realtà. Non ci sono università su Gandikar.
Abbandonai l’idea, ma non il sogno di salire su un’astronave. Ironico, no?

LA QUARTA
Il Premio Kipple è conosciuto per la sua propensione verso testi con tematiche sociali ed enigmatiche, caratterizzato da uno stile informale o talvolta ardito. Qui trovate la migliore produzione pervenuta nel 2023, che sfrutta tutte le potenzialità della letteratura fantastica, le tematiche speculative, il sense of wonder, le riflessioni sociali e la creatività, coniugate con uno stile lirico e maturo. Sono sette storie, sette perle narrative, distinte per un’idea folgorante o una tematica limite. Difficilmente dimenticherete questi racconti.

GLI AUTORI
Axa Lydia Vallotto, vincitrice del Premio Kipple 2023; finalisti del Premio Kipple 2023: Tea C. Blanc, Giuliano Cannoletta, Debora Donadel, Carlo Menzinger di Preussenthal, Paola Viezzi, Vanessa West.

LA COLLANA
Avatar è la collana di Kipple Officina Libraria dedicata ai romanzi e grandi capolavori prettamente italiani del Fantastico e della SF, opere contraddistinte dalla cura meticolosa dei testi e dalle ampie visioni autoriali.
Il logo della collana sintetizza perfettamente il circolo del tempo, delle conoscenze, degli eventi nascosti; l’iperbole del Fantastico per spiccare il volo nella fantasia più sfrenata e meravigliosa.

Aa. Vv., Le colpe che c’imponiamo e altri racconti – Premio Kipple 2023
              Copertina di Ksenja Laginja

Kipple Officina Libraria – Collana Avatar
Formato cartaceo – Pag. 104 – 15.00€ – ISBN 978-88-32179-82-8
Formato ePub – Pag. 105 – 3.99€ – ISBN 978-88-32179-83-5

Link:

Duga-1 – Beyond the Rupture


Il summa del terrore psichico divenuto confidente.

“Non tutti certo moriremo”, recensione di Nicola Brizio


Sulla NuovaCarne una recensione di Nicola Brizio a “Non tutti certo moriremo”, recente fatica di Alessandro Forlani che, autore superlativo com’è, non pensavo potesse scrivere qualcosa di mediocre. Vi lascio a uno stralcio:

Parlare di Non tutti certo moriremo, il nuovo romanzo di Alessandro Forlani è complicato per due motivi. Il primo è che è molto bello e da sempre recensire i libri belli è più complicato rispetto a recensire i libri brutti. Il secondo è che la trama è strutturata in maniera così magnificamente articolata che diventa difficile raccontarla dall’inizio alla fine. Anche perché definire il concetto di inizio e di fine di Non tutti certo moriremo risulta pressoché impossibile dal momento che i capitoli, pur presentati in un determinato ordine, possono essere letti nella sequenza che più ci aggrada, rivelando di volta in volta nuovi significati e prospettive inedite.

L’esercizio di stile di un autore che conosce il mezzo e sa come muoverlo, potrebbe obbiettare qualcuno. E invece no, perché lo sfasamento temporale, il senso di confusione che di tanto in tanto assale il lettore, il seme di un capitolo che germoglia, quasi impercettibilmente, in quello successivo sono sempre elementi funzionali alla narrazione. Ci si sente spaesati, di tanto in tanto. Si ha l’impressione di essere persi al centro di un crocevia di sentieri sconosciuti.
Può spaventarci? Può, certamente, ma non dovrebbe perché in fondo non è nient’altro rispetto a ciò che ci accade ogni volta che osserviamo gli uomini e le cose del mondo. A ben guardare tutta la letteratura, dopo immense piroette, confluisce nell’unico grande obbiettivo di raccontare le faccende della vita e della morte. Per farlo Forlani sceglie, tra gli altri, due mezzi che da sempre sono compagni di viaggio dell’uomo nella storia: la guerra e la poesia.
La guerra c’è e non c’è, nel romanzo è uno sfondo immutabile che ora si acutizza e ora latita pur restando nella percezione dei personaggi. È una guerra inedita quella di Forlani, combattuta da fazioni oggi improbabili, ma domani chissà.

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