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Sciamani in Amazzonia e “abduction aliene”: lo strano caso di Bernardo Peixoto – A X I S ✵ m u n d i


Su AxisMundi un lungo articolo che parla di sciamanesimo, di abduction, di DMT e di quanto è stato già esplorato da Graham Hancock e Terence McKenna. Però è una ulteriore indagine su un mondo inesplorato, immaginifico, trascendentale, potentissimo e devastante, in grado di scardinare l’attuale sistema sociopoliticoeconomico mondiale, e ciò mi basta e avanza. Un estratto:

Bernardo spiega che, fra la sua gente, l’invisibile può diventare visibile e gli enti che risiedono nel regno dello spirito possono assumere forma fisica e apparire agli esseri umani. È solo grazie a queste incarnazioni che ci è possibile percepire e comprendere il Grande Spirito. Da bambino, Bernardo sentì gli anziani della tribù parlare di piccoli uomini provenienti da un altro regno e chiamati curipiras. Facevano parte del loro popolo anche gli ikuyas, spiriti che possono apparire nel nostro mondo sotto sembianze umane. Il termine ikuya era considerato talmente sacro che lo si poteva pronunciare solo in presenza di persone di fiducia. Dalle sue descrizioni, gli ikuyas sembrerebbero molto simili ai piccoli alieni grigi incontrati dagli esperienti delle società occidentali. Ma Bernardo, come anche Credo Mutwa, distingue gli uni dagli altri e ha poca stima dei secondi, che tendono a portare scompiglio e sono meno evoluti degli ikuyas. Gli alieni grigi sono i responsabili della fecondazione delle donne umane e della creazione degli ibridi, e incontrarli può essere un’esperienza molto traumatica. A suo parere, tuttavia, anche queste creature possono tramutarsi in esseri di luce. Per converso, come abbiamo visto nel capitolo precedente, gli ikuyas possono manifestarsi sotto forma di animali.

Molti sciamani affermano di aver parlato con entità provenienti dal cielo e circola voce che delle strane donne conducano le persone nei boschi per mostrare loro i punti in cui crescono piante dotate di virtù particolari. Lo stesso Bernardo ha visto con i propri occhi grandi sfere di luce blu sfrecciare nel cielo o fluttuare lentamente sulla superficie dell’acqua o sopra le cime degli alberi. Emanano una luce talmente intensa che le ragazze preferiscono non fare il bagno nude di notte, per paura di essere sorprese da quel chiarore. La gente del posto crede che quelle luci siano spiriti della foresta e si dice che nel punto in cui confluiscono il Río Negro e il Río delle Amazzoni ci sia una radura con una profonda cavità dalla quale emergono le sfere di luce.
Non appena prese a raccontarmi del suo incontro con gli umanoidi, Bernardo cominciò a sentirsi inquieto e dovette stringermi la mano per sentirsi “connesso”. Varie figure, disse, non troppo alte, ma con le braccia particolarmente lunghe e con indosso vesti luccicanti, apparvero all’improvviso sull’altra sponda del fiume Irunduba. Sembravano circondate da un’aura o da una capsula di luce purissima, che le isolava dall’ambiente circostante. I loro corpi, tuttavia, avevano una loro consistenza fisica e pareva che si muovessero al rallentatore, cosa che lo spaventò molto. Avevano un colorito grigiastro e il viso di forma triangolare, con il mento a punta, “come le lucertole”. Gli occhi erano “davvero enormi”, neri e leggermente inclinati, e sembravano in grado di vedere nel buio. Bernardo non riuscì a distinguere chiaramente la forma del naso e della bocca, che dovevano essere di dimensioni ridotte. Malgrado il loro aspetto “strano”, non sembravano “aggressivi”. Gli parve che uno degli umanoidi svolgesse la funzione di “esploratore”, un altro quella di “ingegnere” e che un terzo fosse interessato a stabilire un contatto con lui. “Era quello predisposto a trasmettere messaggi e, quando allungò le braccia verso di me, sentii una forza d’attrazione indescrivibile”. In uno stato di torpore, Bernardo cominciò a guadare il fiume per raggiungerli. Arrivato sulla sponda opposta, li seguì nel cuore della foresta. Aveva al collo la sua macchina fotografica, quasi fosse un turista in gita.

Gli anziani del villaggio non si stupirono quando udirono la sua storia: “Si chiamano ikuyas e anche noi a volte ci parliamo”, gli dissero. Sapevano da sempre della loro esistenza e affermavano che da millenni quelle creature si prendevano cura di loro. Per dimostrarglielo, lo condussero in una grotta sacra. All’interno era buio ma, al lume delle torce, Bernardo poté vedere graffiti risalenti a centinaia se non migliaia di anni prima, che rappresentavano figure molto simili agli ikuyas. “Si manifestano in forme diverse”, gli spiegarono, “come nel caso delle sfere di luce blu che fluttuano sopra la foresta”. Neanche sua moglie, che è di origine peruviana, rimase sorpresa dal racconto: quelle entità, infatti, erano ben note sugli altopiani del Perù. Al termine del nostro colloquio, ebbi l’impressione che Bernardo avesse vissuto altre esperienze con gli “umanoidi” e che non fosse ancora pronto per parlarne.

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