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Archivio per giugno 14, 2021

Il gran rifiuto di Ottaviano Augusto – di Alecs Ferrante


[Letto su Impero Romano – gruppo privato FB]

Il 13 gennaio del 27 a.C. davanti a un corpo senatorio rimaneggiato, Ottaviano, nell’atto in cui era eletto console per la settima volta, fece il “gran rifiuto”:
Seduto nella sedia curule e il volto ancora pallido per la recente malattia, rimise nelle mani del popolo tutte le prerogative eccezionali che gli erano state conferite. Aveva bruciato metà dei suoi 36 anni in una vita di lotte e la sua salute ne risentiva spesso, cagionevole qual era. Non improvvisava mai e lesse il discorso che si era scritto: “…riprendetevi la libertà e la forma popolare dello Stato, riprendetevi l’esercito e le genti a voi soggette, e governateli secondo il costume antico…”
Un brivido di sgomento percorse l’aula del senato: i presenti, spiazzati, immaginarono il futuro in preda a un caos amministrativo e militare ma la maggioranza, che aveva salutato di buon grado l’abdicazione, gli restituì i poteri ai quali aveva rinunciato. Non solo, in una nuova seduta e in virtù di una recente legge, l’eminenza grigia del principato, Mecenate, gli attribuì il nome onorifico di “Augustus”: “per grazia di Dio”, un favorito del Cielo, un uomo più che umano.
La sua abdicazione fu solo formale e il sogno di Cicerone divenne realtà: la conservazione della massima magistratura repubblicana. Augusto capì, lungi dal suo predecessore, che la rivoluzione doveva passare attraverso la conservazione di pensieri nativi. Fu superiore a tutti per autorità ma non ebbe maggior poteri di quelli affidati ai colleghi magistrati. Un’autentica mossa diplomatica: secondo la teoria repubblicana, il popolo emanava ordini che il senato convertiva in delibere ufficiali ma le assemblee popolari, secondo il nuovo disegno, furono svuotate di funzioni giudiziarie, non avendo più potere di far la guerra o proclamare la pace ma solo il diritto di elezione alle magistrature. Ciò che le assemblee perdettero lo guadagnò il senato (potere legislativo ed esecutivo) ma il princeps poteva piegarlo ai suoi voleri in virtù della sua “auctorictas” e non di un privilegio giuridico.
Testimonianza di tale preferenza per il senato fu la creazione di un “Gabinetto” che fosse chiamato ad assisterlo anche su questioni di sua esclusiva competenza. Questo fu poi ampliato con un console, un pretore, un edile, un tribuno, un questore e 15 senatori estratti a sorte.
Accentrò nelle sue mani l’intera forza militare senza alcuna tirannide ma come servitore della Repubblica e allo scopo di prevenire le interferenze nell’autorità dello Stato; non considerò l’esercito un elemento fondamentale dell’impero e se anche in materia non fosse talentuoso come Giulio Cesare, c’era un valido comandante deputato a tal fine: Agrippa.
Nell’autunno del 27 Augusto partì per le Gallie portando con sé il figliastro Tiberio, figlio di primo letto di Livia, e il figlio di primo letto di sua sorella Ottavia, Marcello, per riorganizzare e sviluppare l’edilizia e il sistema finanziario. La Narbonese era in cima ai suoi pensieri. Nel 26, però, cambiò programma spostandosi in Spagna, la fonte mineraria dell’impero: soggiogò le rivolte dei Asturi e dei Cantabri con due armate ma riparò a Tarraco per la salute malferma e lasciando le truppe ai luogotenenti. Soggiogò i Salassi allo stesso tempo, per difendere i confini e controllare la produzione aurifera delle vallate. Solo la campagna in Egitto andò a mal fine: una lunga marcia di sei mesi per andare incontro alla mancanza d’acqua e a un presto rientro. Augusto fu costretto a destituire il prefetto Cornelio Gallo e a espropriare le sue proprietà, con un decreto del senato, fino a spingerlo al suicidio: con la vanità e la millanteria, Gallo aveva fatto erigere statue nel territorio egiziano raffiguranti la sua effige, solo per aver soffocato una rivolta a Tebaide.
Nel 25 Augusto tornò a Roma e chiamò Messalla Corvino come prefetto dell’urbe, un’antica magistratura cui Messalla dovette rinunciare trovando l’istituto una innovazione pericolosa. Il problema che più lo tormentava, tuttavia, era come assicurare il funzionamento del principato in caso di sua fine prematura: la delicatezza del suo organismo gli faceva pensare con ansia all’avvenire. Chi era degno di succedergli?
Roma trattenne il respiro ma un medico greco, Antonio Musa, con i suoi trattamenti a base di acqua fredda guarì il princeps prima di agosto da una febbre tifoidea. Aveva rinunciato al consolato e nominato Sestio Quirinale quale successore, un vecchio repubblicano che aveva combattuto a fianco di Bruto.
Il destino volle che superasse le difficoltà con l’attribuzione di un “majus imperium” valido su tutte le province ma saggiamente programmato per una durata temporanea: aveva il comando supremo dell’esercito, decideva la distribuzione delle terre e interferiva nel governo delle province senatorie, controllava l’elezione dei magistrati e influiva sulle deliberazioni del senato e delle assemblee. Anche la polizia, i lavori pubblici e l’annona erano nelle sue mani. Potendo alimentare il tesoro pubblico coi propri fondi privati, era anche in grado di controllare le finanze in quanto la sua casa era il massimo organismo bancario e commerciale di Roma. Solo una concessione gli fu decretata a vita: la potestà tribunizia.
Non poteva però sfuggirgli l’importante problema della successione. Augusto non poteva emanare, al riguardo, una legge valida per tutti i tempi, ma, designando un successore, creava un precedente: nominò già in vita un collega che possedesse “l’imperium proconsulare” e il potere tribunizio. Scelse Agrippa e dopo di lui il figlio adottivo Tiberio, sacrificando un successore che perpetuasse il suo stesso sangue e le tradizioni della gens Iulia. Fu uno dei pochi errori di Augusto: il sistema quasi ereditario, pur dando frutti in quanto Tiberio era l’uomo più capace dell’impero, non offriva alcuna protezione contro un pazzo come Caligola, uno zotico pedante come Claudio, un mostro come Nerone, un Domiziano o un Commodo;
Augusto non aveva la stoffa del giurista o del filosofo ma un talento pratico al di fuori del comune e un gran considerazione dell’opinione pubblica; e, alle sue spalle, un consulente legale come Ateio Capitone.
Il gigantesco meccanismo poggiava su due principi fondamentali: la sovranità di un popolo visto come unica fonte di potere; un potere delegato sottoforma di imperium a un magistrato, alla morte del quale esso tornava al popolo. Una magistratura perpetua e non provvisoria implicava il rischio che potesse scivolare in qualcosa simile alla monarchia e che il primo cittadino diventasse padrone e non un capo. Non “dominatio” ma “principatus” insegneranno Plinio e Dione Crisostomo a Traiano nell’arte di governo.
In quattro anni il principato aveva fatto i primi passi verso quell’articolazione che doveva renderlo il più complesso e omogeneo sistema di governo che la storia conosca.

Finte maniere


Le definizioni si affastellano tra loro, mostrando l’intricato rendering degli eventi con una patina di falsa cortesia e maniere affabili.

Apofisi Algoritmica Dislocata – GeNeTiC SinapSyS v3.1


Leggo e rilancio, visioni cybergoth di Oblio in puro stile che ho conosciuto e conosco bene.

La Rinascita Alfanumerica arriverà dopo la morte dell’intero corredo genetico.
Siamo Post-umani di un’umanità ancora preponderante – dal fardello randomico votato all’errore Organico.
La catarsi è nella perfezione matematica dell’artificiale.
Non più decadimento, non più programmazione Fallace, non più entropia cellulare.

Devozione al perimetro d’attrazione gravitazionale, nello scorrere del tempo-lento.
Arriveremo alla perfezione non prima d’aver toccato i picchi dell’Imperfetto.

Annullamento: nei vostri Sogni il mio annichilimento Istantaneo.

I codici etici


Dormendo perfezioni estetiche sei rivolto alle perversioni più plastiche, come se Narciso fosse un codice etico.

Ivan Iusco – Synthagma | Neural


[Letto su Neural]

Ivan Iusco è tornato a produrre in proprio dai suoi studi di Los Angeles, dove oramai da tempo si è trasferito. Synthagma include dodici tracce, delle quali tre (“Head On Fire”, “Fly’s Heart” e “The Other Side”) sono scritte in collaborazione con Kid Moxie, musicista greca che ha collaborato in passato con Angelo Badalamenti e la David Lynch Foundation. Il compositore italiano, che nello stesso periodo nel quale presentava il terzo video dell’album è stato chiamato a produrre alcuni brani per la colonna sonora del videogioco Cyberpunk 2077, è perfettamente a suo agio con le ambientazioni futuribili, metropolitane e distopiche, che nel caso dei brani composti con Kid Moxie sono arricchite da note ancora più esotiche e fascinose, oppure, in particolare nel terzo caso citato, da un omaggio alla cultura videoludica del passato e alla sua icona per eccellenza, Pac-Man. Synthagma segue Transients del 2015 ed è la terza uscita da solista di Iusco, abile in questo caso nel rimestare le sue prime fascinazioni musicali, il dark, la musica industriale e l’electro vintage, frutto d’una fanciullezza già sintetica, che prefigura mondi futuri e ibridazioni uomo-macchina. Sono i controversi anni novanta quelli sui quali Iusco ritorna, la decade che oltre alle asprezze del grunge, vede nascere una nuova controcultura, quella del cyberpunk e del post-human. Da tempo l’artista aveva in mente di rifarsi agli stilemi e alle suggestioni di quegli anni, forse il primo periodo nel quale la musica elettronica inizia ad avere anche fuori dal pop un forte impatto a livello globale. In Synthagma sono recuperati gli intrecci più visionari di quegli anni mantenendo una tensione sempre alta, infondendo un andamento quasi narrativo, spingendo bene soprattutto nella title track e innestando con perizia le articolate evoluzioni melodiche della soprana Maria Bochmanova. Sono molteplici i passaggi acustici e orchestrali esibiti in questo progetto, come pure le citazioni più aspre e tecnoidi, gli inviluppi sci-fi e un certo gusto ambient-trance. L’autore riesce sempre a destreggiarsi e anche quando le cesure si fanno più leggere, spesso nei cantati femminili, una ventata di nostalgia e inquietudine dirotta l’attenzione verso immaginari più astratti, poetici e riflessivi. Il futuro immaginato da un recente passato non è cosa per tutti e in poche decadi anche elaborazioni super strutturate assumono differenti sfumature. Iusco lavora con perizia su questi strati di memorie e riesce a rendere il pathos di quegli anni senza abdicare a una contemporaneità ancora più problematica e contorta.

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