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NeXT Hyper ObscureArchivio per luglio 31, 2023
In compagnia del lupo. I nuovi racconti | ThrillerMagazine
Su ThrillerMagazine la segnalazione di In compagnia del lupo, considerazioni di Carlo Lucarelli sulle fiabe; la sinossi:
Quando sentite «C’era una volta», non fate finta di niente. Spegnete subito quel sorriso accondiscendente. Raddrizzate le orecchie e aguzzate la vista. Sta per accadere qualcosa. Il viaggio di Carlo Lucarelli nei risvolti oscuri delle fiabe continua col secondo volume di In compagnia del lupo. Il cuore nero delle fiabe è ispirato alla serie in onda su Sky Arte e all’omonimo podcast. Storie classiche e altre meno conosciute di cui scopriremo risvolti sorprendenti e spesso spaventosi, a cavallo tra narrazione e realtà. Entreremo dentro il lungo sonno della Bella addormentata, nel quale sono finite, per davvero, alcune giovani donne che nessuno è stato in grado di svegliare. Incontreremo personaggi che ci hanno sempre terrorizzato, come le streghe, che spesso spaventavano non per la loro malvagità ma per le loro grandi conoscenze. Racconteremo di donne incomprese e ribelli, come Raperonzolo, rinchiusa in una torre contro la sua volontà, e di altre che hanno animato le cronache recenti ma che, a ben vedere, sembrano uscite da un libro di fiabe, come quelle che vedono protagonista la Baba Jaga. E, ancora, sveleremo aneddoti nascosti dietro chi, come Quasimodo e il Pifferaio magico, appartiene alle storie che si raccontano bambini, così come Babbo Natale, i cui lati oscuri attraversano i secoli e le regioni più remote. Con il corredo di illustrazioni inedite e originali, e pillole di approfondimento storico, nei nuovi racconti di In compagnia del lupo scopriremo che c’è qualcosa di più pauroso e inquietante di quello che troviamo nelle fiabe: la realtà. E qui, spesso, il cattivo non è solo il lupo.
L’invenzione di Morel: un grande film di fantascienza italiano | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com, in uscita per Delos247, una carrellata di Giuseppe Vatinno su L’invenzione di Morel, film SF italiano di circa mezzo secolo fa che ha delle caratteristiche uniche; esploriamo l’articolo:
Il film inizia con un naufrago (Giulio Brogi) che – novello Ulisse – giunge su una isola deserta, che appare abbandonata. Esplorandola il protagonista trova una grande costruzione di stile tra l’espressionista e il razionalista che pare realizzato dall’architetto futurista Antonio Sant’Elia, con dei macchinari nascosti nelle fondamenta del palazzo, e che utilizzano l’energia delle onde e dei venti, quindi eterna anche se discontinua. Colpiscono le statue di gatti di stile egizio che padroneggiano i corridoi.
Dopo qualche giorno di permanenza nell’isola si accorge che sulla scogliera ci sono delle figure, vestite alla maniera degli anni ’20 dello scorso secolo. Il naufrago sale e osserva le persone, cercando di non farsi vedere, che ballano con una musica jazz di sottofondo. La scena si ripete. Un giorno vede una giovane donna vestita di rosso e azzurro con un cappellino che siede su un masso tenendo in mano un libro, mentre lo sguardo è perso in lontananza. Una donna molto bella, che calza scarpe con tacchi in una zona brulla e piena di pietre che si comporta come se lui fosse invisibile, anzi trasparente. Lui parla ma lei non l’ascolta.
Faustine (Anna Karina), così si chiama la fanciulla, anche in seguito sembra proprio ignorarlo, come se non lo vedesse. I suoi tentativi di interagire con lei si ripetono inutilmente più volte. In realtà il naufrago è un galeotto fuggito da un penitenziario posto su un’Isola, come lui stesso rivela agli spettatori parlando con Faustine.
Il tempo passa e il protagonista segna i giorni che passano con un sasso sulla roccia. L’uomo si incuriosisce e penetra all’interno di un palazzo dove si trovano i personaggi, degli “ospiti”, anzi degli amici del proprietario. Il proprietario dell’edificio è il dottor Morel (John Steiner), uno scienziato che ha svolto con loro un esperimento, a loro insaputa.
L’invenzione consiste in una speciale macchina da presa capace di riprendere una settimana di vacanza, di “spensierata gaiezza” di questi ospiti – amici (sono poco più di una decina oltre Morel) per poi riprodurre la scena all’infinito sovrapponendo come ologrammi le riprese all’ambiente – effettuate nell’isola di Caponero nel luglio 1929 – e compenetrandolo; in un certo senso, li ha resi immortali. Famosa è la scena in cui si vedono due soli: quello reale, fisicamente esistente, e quello virtuale creato dal marchingegno olografico. Il naufrago si accorge della ciclicità delle scene e che anche gli altri ospiti non lo vedono, proprio come la ragazza.
E poi l’epilogo: Morel, in una sala del palazzo, ha da poco iniziato a rivelare quello che è successo quando gli ospiti – vestiti tutti molto elegantemente – reagiscono, alcuni non credono che sia vero quello che gli è stato detto, altri si arrabbiano e si indignano. Alcuni sono preoccupati perché degli impiegati su cui Morel in precedenza aveva eseguito le riprese sono scomparsi dalla vita reale per essere imprigionati per sempre in quella artificiale della pellicola.
Morel ha fatto tutto questo per far rivivere per sempre un rapporto sentimentale, il suo con quello della donna di cui è innamorato, Faustine. La ripresa memorizza tutto, anche gli odori e la sensazione tattile. La macchina registra e poi proietta, di giorno e di notte.
“Le persone riprodotte avevano quasi coscienza di sé”.
“Una volta riuniti tutti i sensi sorge anche l’anima”, spiega Morel.
Morel si indigna a sua volta ed esce dalla stanza inseguito da un ospite che gli chiede di rientrare per completare la spiegazione che è contenuta in una lettera che Morel leggeva loro. Ma l’inventore non ne vuole sapere di tornare sui suoi passi.
L’ospite così riprende la lettera e ne finisce la lettura leggendola agli altri e così si scopre che le riprese sono state fatte nel 1929 mentre allora si è nel 1974, quindi ben 45 anni dopo.
Dino Audino Editore presenta “Scrivere il perturbante” | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la segnalazione di Scrivere il perturbante, manuale di Giorgia Tribuiani, manuale narrativo per le sfide disturbanti:
Bambole che prendono vita, distorsioni temporali, case dotate di un’anima, corpi che non si riflettono negli specchi: come raccontare il brivido che proviamo quando, scrutando tra le pieghe della realtà, scopriamo che ciò che ci era familiare assume un volto inquietante e terrorizzante? La narrativa perturbante fa leva sulle paure più ataviche ed esistenziali di ognuno di noi e mette in discussione la visione del mondo che abitiamo.
Giorgia Tribuiani, affermata scrittrice di questo topos letterario, in questo manuale parte dalle teorizzazioni di Sigmund Freud e dalle principali caratteristiche del perturbante, per affrontarle in chiave narrativa: l’invenzione dell’incipit, la costruzione dei luoghi e delle scene, i meccanismi di svelamento, l’affidabilità o meno del narratore. Quindi la “soglia”, la “crepa” nelle leggi di natura e il labile confine tra reale e fantastico.
A una prima parte teorica corredata di esempi e modelli, ne segue una di stampo laboratoriale dove autori come E.T.A. Hoffmann, Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft, David Lynch e Roman Polanski diventano compagni di un percorso privilegiato per creare testi che lascino il pubblico con il fiato sospeso. Scrivere il perturbante è il primo di tre titoli dedicati alla costruzione dei generi fantastici e del mistero.