Le ombre si muovono rapprese sulla balza, sono intorno, ovunque, forse anche dentro me. Il buio è soltanto una condizione interiore, le lamelle di energia occulta sanno come interagire, modificare, cortocircuitare i miei atti; supremazia, però: la mia.
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Situazioni comprese tra suoni dissonanti, una linea armonica sottesa e non predominante, poi si guarda fuori della finestra e si scopre la deflagrazione unita alla dissolvenza; sono solo suoni di parole, dopo.
Roma, marzo del 1987. I Mission suonavano per la prima volta nella Capitale.
Preceduti da un battage pubblicitario che li etichettava come il gruppo che rinnovava le sonorità dark (era vero, ma quante altre volte avrei sentito questo slogan!) i Mission si presentavano con all’attivo alcuni singoli accattivanti – i primi vagiti del pop oscuro – e un album, God’s Own Medicine, indubbiamente splendido.
La band nasceva dalle ceneri dei Sisters of Mercy, creatura seminale di Andrew Eldritch dei primi ‘80 che, anche ai giorni nostri, fa proseliti sonori, nel senso che molte band si rifanno proprio alle loro sonorità.
Dopo un disco epico (First and Last and Always) e singoli precedenti devastanti, i Sisters of Mercy si sciolsero per manifesti eccessi di noia (Eldritch non si divertiva più ad andare in giro a suonare coi suoi tre compagni). Due degli ex componenti (Wayne Hussey e Craig Adams) si risolsero a formare i Mission, cambiando anche qualche sonorità. Laddove i Sisters si contraddistinguevano per la voce gutturale di Eldritch e le sonorità oscure, costituite da una via di mezzo tra l’elettrico e l’elettronico (un approccio lungimirante), i Mission propendevano per gusti neoromantici, decadenti, andando a scavare proprio laddove la sensibilità del secolo passato dava il meglio. Quindi nei testi atmosfere alla Poe, alla Maupassant, alla Keats; scenografie floreali, cimiteriali, ma senza calcare troppo la mano sull’aspetto macabro, una serie di continui rimandi a un decadentismo oscuro e quasi etereo, comunque grondante di nero. Accanto a tutto ciò c’era la sensazione di una svolta (che sarebbe diventata) pop per tutto il popolo dark dell’epoca, che in Europa si rifaceva a pietre miliari varie che partivano dai Joy Division per approdare ai Cure, fino a giungere agli stessi Sisters, mentre negli States abbondavano canoni estetici diversi, uno dei quali era dato dai Christian Death di Rozz Williams, assai ruvidi nei suoni ed essenzialmente intrisi di quel modo di intendere le cose molto americano, più pratico e scevro da tutti i romanticismi europei. Ecco, i Mission rappresentarono un po’ il punto di rottura dell’underground oscuro, come se tutto quel variegato movimento nero mondiale si affacciasse verso il resto del mondo e cercasse di accattivarselo con suoni più abbordabili; certo non furono i primi (molta della new wave precedente aveva cercato di ingraziarsi il grande pubblico con sonorità paracule e al contempo oscure o d’avanguardia), ma il fatto che un ambiente da setta, quale quello dei dark o dei successivi gothic, facesse carte un bel po’ false per scalare la popolarità s’insinuò pian piano in ogni amante di quella cultura dell’epoca; personalmente feci un po’ spallucce a tutto ciò, la band mi piaceva e piace tuttora, certo era che con i Mission non si parlava di sperimentalismi tetri e inossidabili quali quelli, per esempio, dei Cindytalk: tutto appariva e si percepiva un po’ più easy.
Mercoledì 18 gennaio, alle ore 22.00, Tersicore andrà in onda con le sue news di Connettivismo, SF e oscurità varie, amalgamate in salse sonore e liriche elettroscure e acide, noize & ambient. Buon ascolto…
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"Scrivete quel che volete scrivere, questo è ciò che conta; e se conti per secoli o per ore, nessuno può dirlo." Faccio mio l'insegnamento di Virginia Woolf rifugiandomi in una "stanza", un posto intimo dove dar libero sfogo - attraverso la scrittura - alle mie suggestioni culturali, riflessioni e libere associazioni.