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Archivio per novembre 11, 2023

La fine di un mondo. Ultimi tentativi di restaurazione pagana a Roma


Da LamisuraDelleCose un articolo sui residui pagani che tentarono d’invertire il corso storico che vedeva l’affermazione del cristianesimo, nel corso del periodo TardoAntico dell’Impero Romano. Un estratto:

Dai tempi della battaglia di Azio (31 a.C.), la curia del Senato romano ospitava la statua della Vittoria e un altare su cui ogni senatore, entrando, gettava granelli d’incenso. Segno visibile della protezione accordata dagli dei all’impero di Roma, tendendo le palme verso l’ara della Vittoria, all’inizio di ogni anno, i senatori rinnovavano il loro patto di fedeltà al principe. Con la cristianizzazione dei vertici imperiali, anche i simboli della religione tradizionale iniziano a correre seri pericoli: nel 357 Costanzo II, in occasione del suo primo viaggio nell’Urbe (la sede dell’imperatore era stata spostata a Milano), dà ordine di rimuovere l’altare, poi ripristinato dopo la sua partenza. Attorno a questo antico monumento, voluto da Augusto e assurto a simbolo della passata grandezza, nel 384 si svolge l’ultima battaglia ideale del paganesimo: a soli settant’anni dal cosiddetto editto di Milano, vale a dire dalla sanzione della libertà di culto per tutti, l’impero cristiano riduce drasticamente gli spazi per i culti pagani che di lì a breve, con Teodosio, saranno definitivamente proibiti.

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Le mura di Massenzio. Il potenziamento massenziano delle Mura Aureliane – TRIBUNUS


Da Tribunus segnalo un interessante articolo sulle mura aureliane di Roma, sul loro sviluppo nei secoli del TardoAntico; vi lascio a un significativo estratto:

La cinta muraria di Roma si sviluppa grosso modo in quattro fasi principali. La prima, corrispondente alle mura massicce del progetto di Aureliano, la seconda, che la maggioranza degli studiosi fanno risalire al regno di Massenzio, una terza ristrutturazione sotto Onorio e infine successivi interventi nel corso del V-VI secolo.
Con questo breve articolo ci concentreremo sulla fase tradizionalmente attribuita a Massenzio: essa è caratterizzata dalla sopraelevazione costituita da gallerie coperte, alte in media otto metri, le quali presentano spesse mura verso l’esterno e lunghe arcate interne.

Sopra le gallerie, corrono i camminamenti di ronda, larghi poco più di 3 metri e bordati da parapetti merlati. Nella parte frontale delle gallerie, a intervalli irregolari, si aprono feritoie per il lancio delle frecce. L’altezza totale delle cortine murarie, dalla base alla merlatura, arriva a più di 15 metri e, in alcuni punti, a quasi 20 metri (Todd 1978, 49). Il procedimento di costruzione delle nuove strutture di Massenzio aveva molto in comune con quello adottato per la fascia inferiore preesistente, anche se i mattoni e le tegole usate per i rivestimenti non furono scelti con altrettanta cura e in più mancavano i diatoni passanti. Questo lieve abbassamento degli standard qualitativi originali va attribuito con molta probabilità al fattore fretta, più che negligenza o a manodopera scadente, dato che nel giro di pochissimi mesi dalla sua elezione nel 28 ottobre del 306 Massenzio si trovò a dover fronteggiare la prima invasione, quella del tetrarca Flavio Severo con un esercito probabilmente di 30mila uomini, e, ancora fra la fine pericolosa questa volta da parte dell’Augusto d’Oriente Galerio.
Va comunque rilevato che, in linea di massima, la qualità dei lavori era ancora molto alta per un’impresa così impegnativa e svolta a ritmi serrati e in pochissimo tempo. Ora la città disponeva di difese tali che solo un assedio molto aggressivo e prolungato avrebbe potuto sperare di abbatterle. Le gallerie permettevano a uomini e macchinari difensivi di raggiungere in fretta qualsiasi settore delle mura.

Marla Hlady & Christof Migone – Swan Song | Neural


[Letto su Neural]

C’è tutto un filone di field recording che non sono affatto “trovate”, frutto cioè di derive psicogeografiche e di quello che succede lungo queste ricognizioni, ma al contrario sono accuratamente preparate e hanno come oggetto luoghi e situazioni molto ben definite. Marla Hlady e Christof Migone durante una residenza artistica di tre mesi nell’estate del 2019 a Glenfiddich (Dufftown, Scozia) hanno scelto di registrare i suoni di una distilleria di whisky, iniziando da due grossi alambicchi in rame che erano stati rimossi dopo aver adempito per ben dodici anni al loro compito. L’operazione di sostituzione degli alambicchi non è stata delle più semplici, date le dimensioni decisamente importanti dei due recipienti, che hanno richiesto l’utilizzo di una gru che dal tetto li estraesse e permettesse lo svolgersi di tutte le necessarie operazioni. Le porzioni a collo di cigno dei vecchi alambicchi sono state poi tagliate da un mastro ramaio e utilizzate come parte principale di una scultura sonora cinetica. Quando ci si sposta negli spazi adiacenti la scultura, i sensori attivano una serie di meccanismi elettronici che fanno ruotare sottili aste di metallo su assi circolari. Attraverso questi due componenti a collo di cigno sono state anche riprodotte le registrazioni effettuate in tutta la distilleria: l’acqua che scorre attraverso tumuli, le emissioni sonore scaturite dalle botti durante normali sessioni di lavoro, i rumori di imbottigliamento e quelli dei liquidi che vengono spostati da una parte all’altra dei magazzini. Le due estremità dei tubi agiscono come una coppia di giganteschi grammofoni che amplificano ognuna delle registrazioni effettuate. Alcune di queste registrazioni sono anche sovrapposte e mischiate, così come particolarmente importanti sono le sonorità ottenute da un coro composto dal personale della distilleria, voci poi raggruppate in base agli anni di servizio di ciascuno dei partecipanti. A ogni membro di questo coro improvvisato è stato chiesto di produrre due suoni, uno il più alto possibile e l’altro estremamente basso, mantenendo l’emissione vocale il più a lungo possibile. L’effetto complessivo è davvero imponente e l’indecifrabilità ultima dei suoni ci fa riflettere sul lavoro e sui materiali che si uniscono in modi spesso sorprendenti e imperscrutabili, distillati acusticamente con gran cura, competenza e passione. Da questo ingegnoso progetto sono stati tratti tutti i materiali, sonori e fisici, per una installazione alla Christie Contemporary di Toronto.

Makrón Èmbolon – Cover reveal @L’orlo dell’Impero


Questa è la cover del mio prossimo racconto Makrón Èmbolon, che uscirà prossimamente per DelosDigital, collana L’orlo dell’Impero, nell’ambito della serie “Nèfolm e dintorni”, ovvero la narrazione della vita minuta nella Capitale dell’Impero Connettivo; il tratto grafico e l’inventiva è dell’inconfondibile Ksenja Laginja, rimanete in ascolto 😉

The Orb and David Gilmour – Metallic Spheres In Colour: Movement 4 – Exc…


Aspetti psichedelici delle rivelazioni istantanee.

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