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Oltre i Pink Floyd: viaggio nella discografia alternativa di Nick Mason | Rolling Stone Italia


Su RolligStoneItalia un bell’articolo di Fabio Zuffanti che illustra l’attività musicale extraFloyd di Nick Mason, unico batterista della band; un estratto:

Quest’anno sono scoccati i quarant’anni dalla pubblicazione del suo primo album solista (che poi tanto solista non è) ed è venuto spontaneo fare un poco il punto su Nick Mason. Il celebratissimo batterista dei Pink Floyd infatti è tutto meno ciò che sembra. Diciamoci la verità, cosa appare oggi Mason se non un multimilionario appagato, assai più sensibile alla sua collezione di auto di lusso che alla musica? Certo, negli ultimi anni ci sono stati i Saucerful of Secrets che sono stati un bel batticuore per i nostalgici dei Floyd d’annata (quelli del periodo ’67-71), ma di nuova carne al fuoco nemmeno a parlarne. Il buon Nick è da tempo seduto sugli allori del suo glorioso passato nel quale ha dimostrato che si può raggiungere un successo spropositato non essendo nemmeno dei musicisti dotati di tecnica straordinaria.
In questo frangente però non è il Nick Mason batterista dei Pink Floyd a interessarci, bensì il personaggio che nel corso degli anni ’70 stupì non pochi appassionati. Se analizziamo i progetti nei quali viene coinvolto in quel periodo scopriremo infatti un artista sempre in movimento che dà il suo contributo ad alcuni dischi destinati a lasciare tracce indelebili. Ancora prima di azzeccare con loro il colpaccio di The Dark Side of the Moon Nick si distingue dai suoi compari per la voglia di misurarsi con un sacco di esperienze diverse, dalla produzione di altri artisti alle joint venture con musicisti ben più preparati di lui. Quanti hanno notato il fondamentale coinvolgimento di Mason all’interno di certi essenziali dischi canterburiani? E quanti avrebbero realizzato un album “solista” come Fictitious Sports facendo un passo indietro e concedendo tutta la ribalta ad alcuni mostri sacri del jazz più avanguardista? Chi glielo faceva fare a mettersi insieme ai fricchettoni Gong quando avrebbe potuto passare il suo tempo nella lussuosa magione acquistata con i proventi di Dark Side? Perché mischiarsi con il punk in epoca di “I hate Pink Floyd”? Perché tirare fuori dall’anonimato i misconosciuti Principal Edwards Magic Theatre?
È una questione di curiosità, coraggio, voglia di mettersi in gioco, volontà di esplorare nuovi territori. Anche un grande senso di amicizia nei confronti di colleghi meno fortunati di lui. Certo, in seguito Mason comincerà a pensare più alle Ferrari che alle collaborazioni innovative, ma intanto ci siamo resi conto di avere un bel mucchietto di dischi da tramandare ai posteri, alcuni veri e propri capisaldi. Ne abbiamo raggruppati otto in ordine di uscita, tra solisti, produzioni e collaborazioni. I più rappresentativi per mostrarvi cosa è stato in grado di combinare l’insospettabile Nick.

Inside Out – La prima autobiografia dei Pink Floyd – Recensioni – SENTIREASCOLTARE


La segnalazione di questo articolo che avevo perso, su SentireAscoltare: InsideOut, la biografia dei Pink Floyd visti da Nick Mason, il loro batterista. Vi lascio alla segnalazione:

Inside Out, ovvero la prima autobiografia dei Pink Floyd, è un libro scritto da Nick Mason, batterista della band britannica nonché – a tempo perso – pilota di auto sportive. Il testo è uscito in origine nel 2004, ma la versione di cui vi parliamo in questa sede è quella pubblicata in inglese – aggiornata con gli eventi occorsi successivamente a quell’anno – nel 2017, e poi ristampata in italiano da EPC Editore a novembre 2018. Tanto per dire che nonostante di questo libro si sappia già molto, rimane comunque una lettura assai piacevole sia per i fan del gruppo che per i meno addentro alle questioni pinkfloydiane.

Pur essendo una “fonte diretta”, Inside Out non è un libro caratterizzato da un approccio enciclopedico: dentro non ci troverete ogni minuto vissuto – nemmeno troppo pericolosamente – dalla formazione britannica. Crediamo volutamente, visto anche l’aplomb tipicamente british con cui Mason tratta soprattutto le questioni più spinose legate alla storia dei Floyd (due su tutte: l’estromissione dal gruppo di Syd Barrett e la separazione conflittuale tra Roger Waters e il trio Mason/Wright/Gilmour più o meno da The Wall in avanti), evitando così di mettere in piazza troppi dettagli – del resto è lui stesso a informarci che una volta finito di scriverlo, il libro ha passato il vaglio e le aggiunte/correzioni dei compagni di lungo corso. I pregi di Inside Out stanno altrove, per esempio in una scrittura ironica e fluente capace di raccontare le fasi salienti dell’ascesa di uno dei gruppi più seguiti al mondo con una verve degna d’un romanziere, e come se fosse la storia di una formazione emergente qualsiasi salita alle cronache quasi per caso: sembra di vederlo, il buon Mason, mentre al pub, tra una pinta e l’altra, ti racconta sghignazzando di quando si spezzarono i tiranti che tenevano fermo il maiale gigante gonfiato a elio che si doveva fotografare per la copertina di Animals, e il suddetto viaggiò autonomamente per i cieli britannici evitando solo per pura fortuna di causare possibili incidenti aerei. Un po’ come se fosse stata una bravata da ragazzini, e non un evento che dimostra l’intraprendenza, il coraggio artistico di un gruppetto di inglesi interessato alla tecnica applicata a ogni campo – del resto i Nostri studiavano architettura – almeno quanto alla musica.

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SYD BARRETT: “HERE I GO” – LA STORIA DIETRO LA CANZONE | PINK FLOYD ITALIA


Su PinkFloydItalia i retroscena di una delle song meno conosciute di Syd Barrett: Here I Go. Lascio al post le spiegazioni e rivelazioni nel dettaglio, che mostrano ancora più nel dettaglio cos’era Syd – sotto, il brano remixato da Gilmour con l’aggiunta del basso.

In occasione del compleanno di Syd Barrett, il sito ufficiale ha pubblicato la storia di una delle canzoni più belle di Syd, “Here I Go“, in cui si svelano anche diversi retroscena. A scriverli, è Lee Harris, chitarrista e cofondatore dei “Saucerful Of Secrets” di Nick Mason. Per celebrare questo giorno speciale abbiamo un’esclusiva “storia dietro la canzone”, scritta da Lee Harris – fondatore e chitarrista dei “Nick Masons Saucerful of Secrets”.
Scrivendo di ‘Here I Go’, Lee ha scoperto alcune vere e proprie rivelazioni sulla registrazione della canzone. Anche David Gilmour ha contribuito a questa scoperta.
Godetevi questo articolo e condividetelo per far sì che altri si divertano e ascoltino la canzone!

“Here I Go” è contenuta nell’album The Madcap Laughs e fu registrata il 17 aprile 1969 ad Abbey Road nello Studio 2. Secondo il compianto Malcolm Jones, che produsse la canzone, Syd ci mise “una manciata di minuti” a scriverla.
Tuttavia, Joe Boyd ricorda di aver sentito la canzone su un nastro demo nel 1967 e che originariamente si chiamava “Boon Tune” – la frase “what a boon this tune” è infatti parte del testo. Boyd stava producendo una band chiamata ‘The Purple Gang’ nello stesso periodo in cui lavorava con i Pink Floyd su “Arnold Layne”. Syd aveva proposto “Boon Tune” a Joe Boyd e ai ‘Purple Gang’ come loro prossimo singolo, ma la loro casa discografica non era d’accordo con il coinvolgimento di altri autori/editori, così l’idea fu accantonata – anche se ne pubblicarono una versione molti anni dopo.
Il fatto che la canzone fosse già stata scritta almeno due anni prima di essere registrata spiega probabilmente perché Jones presumeva che ci fossero voluti pochi minuti per scriverla. Credo che quei minuti siano serviti a Syd per ripassarla a mente per ricordarsela.
Malcolm Jones ha anche detto che Syd aveva quasi sempre con sé i testi su un supporto, in caso di occasionali vuoti di memoria. Questa è stata l’unica volta in cui ricordo che non aveva alcun foglio di testo”. Forse ha anche cambiato qualcosa, ma non lo sapremo mai perché il nastro demo non esiste più.
Mentre scrivevo questo pezzo, ho contattato il batterista Willie Wilson, accreditato come bassista della canzone. Willie viene da Cambridge e suonava nei Jokers Wild, la band in cui militava David Gilmour prima dei Pink Floyd (in seguito avrebbe suonato la batteria insieme a Nick Mason nel tour di “The Wall”). Willie mi ha raccontato di non aver conosciuto Syd quando era piccolo, ma di averlo conosciuto quando ogni tanto si alzava e suonava ai concerti dei Jokers Wild. La band finì addirittura per suonare nello stesso cartellone dei Floyd, che erano ancora noti come ‘The Tea Set’, insieme a un allora sconosciuto Paul Simon, alla festa di un amico nel 1965.
Nel 1969, mentre si trovava nell’appartamento di David Gilmour a Earls Court, Syd chiese a Willie di andare a Abbey Road per registrare con lui qualche giorno dopo.
Risulta che le note di copertina dell’album e, successivamente, vari libri attribuiscono i crediti in modo errato. In realtà è Willie a suonare la batteria e non Jerry Shirley (famoso batterista degli Humble Pie) e non c’è alcun basso nel brano. Questo è probabilmente ovvio all’ascolto, ma le note di copertina dichiarano il contrario.
Willie – “Dopo che abbiamo registrato due o tre brani, è stato suggerito che il basso avrebbe potuto suonare bene su di esso. Non c’era nessun bassista, ma Jerry, con cui condividevo l’appartamento e che era venuto con me per il viaggio, disse che avrebbe potuto fare un tentativo. Non so da dove provenisse il basso, ma era Abbey Road, con molti ‘armadietti per le attrezzature’. Jerry ha avuto difficoltà a suonare sul brano perché c’erano solo batteria e chitarra, Syd non suonava gli stessi accordi in ogni strofa e inoltre Jerry non era un bassista”.

ROGER WATERS: LA SUA BATTAGLIA PER IL RILASCIO DI UNA MUSICISTA CURDA, E UNA CHITARRA IN REGALO..


Su PinkFloydItalia la news di Roger Waters che dona una delle sue chitarre a un’attivista curda, imprigionata ormai un po’ fa, cui è stata distrutta la sua chitarra; ecco il dettaglio e sotto il video:

Sulla pagina YouTube ufficiale di Roger Waters è stato caricato un video che segue il viaggio di una chitarra donata da a Nûdem Durak. Il filmato, della durata di 15 minuti, vede la partecipazione di Peter Gabriel, Robert Plant, Nick Mason e molti altri, che mostrano il loro sostegno alla sua ingiusta detenzione. E la chitarra in questione, è proprio la Martin nera usata da Roger nei sui tour.
La cantautrice curda era già a due anni dalla sua condanna, a 19 anni di carcere, quando uno dei pochi fili che la legavano alla libertà è stato tagliato. Prima della sua incarcerazione nel 2015, Durak viveva a Cizre, in Turchia, e cantava canzoni sia in turco che nella sua lingua madre, il curdo. In seguito è stata accusata di comunicare con membri del PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan), che la Turchia e gli Stati Uniti hanno definito un’organizzazione terroristica. Secondo il suo avvocato, è stata condannata per “appartenenza a un’organizzazione illegale” e senza poter presentare prove adeguate a sua difesa. Quando si è presentata in carcere per la sentenza, le è stato permesso di portare con sé la sua chitarra acustica, ma lo strumento è stato rovinato durante un controllo di routine in cella nel 2017, quando le guardie ne hanno staccato il collo dal resto del corpo.

“Sembra del tutto evidente che non c’è uno straccio di prova a sostegno della protesta del governo secondo cui Durak è una criminale violenta“, afferma Waters. “Non c’è alcuna prova a sostegno di questa tesi. Non ha fatto nulla se non insegnare ai bambini a suonare la chitarra e scrivere e cantare canzoni sulla sua madrepatria. È una curda“. In due processi, insieme a più di una dozzina di altri imputati, Durak è stata condannata rispettivamente a nove e dieci anni in relazione a un attacco terroristico che ha causato 18 morti. L’avvocato di Durak dice a Waters che, nonostante nessuno si sia fatto avanti con accuse contro di lei, è stata condannata per essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
“È scioccante rendersi conto che ci sono ancora Paesi in cui musicisti che vogliono fare esattamente la stessa cosa che facciamo noi finiscono in prigione con la vita in pericolo“, dice Gabriel. “È sia un promemoria delle libertà che diamo per scontate, sia la responsabilità che abbiamo di far conoscere meglio le loro storie“.
Alla domanda su cosa possa fare una persona comune per aiutare Durak, Waters risponde: “È un’ottima domanda. “C’è un coro là fuori, e questo coro sarà profondamente preoccupato per la situazione di questa giovane donna, così come è preoccupato per la situazione delle persone ingiustamente imprigionate, che siano politiche o meno, ovunque. E quel coro, di tanto in tanto, alza la voce in armonia“.

NICK MASON: NUOVA INTERVISTA – I RICORDI DI “ANIMALS”, GLI ALBUM DEI PINK FLOYD CHE SUONANO MEGLIO IN MONO SU VINILE E TANTO ALTRO! | PINK FLOYD ITALIA


Su PinkFloydItalia una bella e lunga intervista a Nick Mason, sui suoi trascorsi nei Floyd e su cosa voglia dire ancora adesso essere identificato come il batterista della band, e altri argomenti ancora; un estratto:

Siete tornati indietro e avete fatto il Remix con il disco originale di Animals e avete trovato differenze o cose che avete sentito e che avreste voluto far risaltare di più quando [il produttore/remixer in capo] James Guthrie ci stava lavorando?

Ad essere sincero, aspettavo che James si limitasse a fare quello che aveva fatto. James raramente delude. Ma di tutti i nostri album, Animals è quello che più meritava di essere ripensato e riascoltato, perché ci sono molte cose che non si conoscono nell’originale.

Per me, un esempio è il lavoro di piatti che fai alla fine di “Dogs” [traccia 2 del lato 1]. È una cosa sottile, ma spicca di più sull’LP 2018 Remix.

Sì. Direi che la batteria su “Dogs” è certamente più evidente, forse più di qualsiasi altra cosa. Il che è davvero bello, perché spesso ci si accorge che le cose si perdono nel mix. Anche con cose fatte molto più di recente, è incredibile come, ascoltando in studio, si ottenga un suono e poi il mix finale sia un altro.

Una delle cose che mi hai accennato prima a proposito di Animals è che il processo di registrazione è stato diverso, perché si trovava a Britannia Row, lo studio creato dai Pink Floyd, un’esperienza di registrazione molto diversa rispetto a quella di EMI/Abbey Road, dove erano stati realizzati molti dei precedenti album dei Pink Floyd. Può parlarmi di questa differenza per lei, come artista che registra, passando da Abbey Road a un luogo che voi avete essenzialmente costruito da zero?

Sì, beh, è stato molto diverso. Ma credo che sia stato un bene, anche se il risultato, dal punto di vista sonoro, non è stato inevitabilmente altrettanto buono, semplicemente. (ridacchia) Ma si trattava di una cosa: avevamo fatto tutto ad Abbey Road – ed era fantastico – ma volevamo costruire il nostro studio con l’idea di costruirne uno che fosse molto semplice da usare. L’idea era che, soprattutto se volevamo fare qualcosa di individuale, non avremmo avuto bisogno di molto personale e forse avremmo anche potuto ingegnerizzarlo da soli. Era un’operazione molto più intima e rilassata, molto diversa da quella che avevamo fatto in passato. E devo dire che è stato molto piacevole. Era una sorta di “casa”, in un certo senso. Avevamo scelto questo edificio [un palazzo di tre piani, situato al 35 di Britannia Row a Islington, Londra N1] e vi avevamo costruito uno studio partendo dal presupposto che Roger fosse raggiungibile a piedi [da casa sua, all’epoca]. Io ero un po’ più lontano (leggera pausa) – no, non l’avrei fatto a piedi. Sicuramente è stato scelto perché era nel posto giusto.

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PINK FLOYD: È USCITO “ANIMALS 2018 REMIX”! | PINK FLOYD ITALIA


Su PinkFloydItalia l’attesa notizia dell’uscita – oggi – di Animals remix, l’album del ’77 dei Floyd profondamente rivisto da James Guthrie e che dona una nuova luce (meravigliosamente oscura e dettagliatissima) al lavoro più controverso e punk della band. Dice Guthrie:

Animals è uno dei miei dischi preferiti dei Pink Floyd. La direzione originale dell’album era estremamente imponente e funzionava a molti livelli. Roger, David, Rick e Nick dipingevano un paesaggio oscuro e distopico che era spaventoso e in qualche modo ispirante allo stesso tempo, quindi era importante mantenere la forma drammatica del progetto.
Il mio primo obiettivo con il nuovo mix è stato quello di cercare di ottenere un’atmosfera musicale migliore. Nell’album ci sono dei brani molto belli e sentivo che c’era più potenziale nel materiale registrato di quanto non fosse stato realizzato durante il missaggio originale.
Il missaggio è così importante perché può davvero influenzare il groove musicale di una canzone. Determina l’impatto emotivo di un brano musicale. Un buon missaggio può davvero dare vita a una canzone, oppure, se si manca il bersaglio, può infliggere molti danni. Lavorare sull’interazione musicale è fondamentale e, per quanto mi riguarda, credo che le canzoni siano tutte più efficaci rispetto al passato. C’è più emozione dietro quei testi potenti.
La registrazione di questo album è un po’ Lo-Fi, ma in modo piacevole. L’LP manterrà sempre molto del suo sapore originale, ma ho cercato di aumentare la gamma dinamica e di estendere la sua fedeltà in tutte le direzioni. Ho cercato di creare un palcoscenico più tridimensionale. In questo modo l’album è più in linea con gli altri dischi dei Pink Floyd e si spera che attiri l’ascoltatore, costringendolo a immergersi maggiormente nel viaggio.
Sento che ora c’è una nuova vita nella musica, sia in stereo che in 5.1, e spero davvero che tutti apprezzino i nuovi mix.

Mason afferma, in una recente intervista:

“Ci è voluto un po’ di tempo, ma siamo molto soddisfatti, credo“ – ride. “David e Roger hanno avuto un forte disaccordo sulle note di copertina, e come tutte le grandi guerre mondiali nessuno ricorda bene di cosa si trattasse e quale fosse il problema. Ma ci furono molti tira e molla e alla fine si arrivò a una sorta di risoluzione“. Anche senza la sua partecipazione attiva: “Sono riuscito a starne fuori“, sostiene Mason.
“Il problema di Animals è che non ricordo molto di come l’abbiamo fatto“, dice. “Ero molto più coinvolto nella costruzione degli studi, nell’installazione e così via. Li abbiamo costruiti da zero, più o meno, all’interno di un vecchio edificio. È davvero straordinario come alcune cose rimangano impresse nella mia memoria, per esempio come abbiamo posato il cemento per la base del pavimento dello studio, ma non riesco a ricordare perché abbiamo fatto qualcosa su ‘Sheep’ o cose del genere“.
“Il disco viene da un periodo in cui c’era molta altra musica in corso, di tutte le altre forme. La questione principale è se il punk abbia avuto qualche influenza su di esso, e in un certo senso suggerirei che l’ha avuta perché è un po’ più semplice in certi aspetti rispetto ad altre cose. Forse non volevamo rimanere invischiati nella faccenda del prog rock diventato così grandioso – anche se non abbiamo mai avuto una conversazione, che io sappia o ricordi, sul fatto che il punk fosse un’influenza o dovesse essere preso in considerazione quando lo stavamo realizzando”.

NICK MASON: L’INTERVISTA SUI CONCERTI DEI “SAUCERFUL OF SECRETS” | PINK FLOYD ITALIA


Su PinkFloydItalia la segnalazione di una bella intervista a Nick Mason nell’occasione dei concerti spagnoli dei suoi SaucerfulOfSecrets; sentite cosa dice:

“Echoes” è il nome dato a questo tour. Dopo la morte di Richard Wright nel 2008, David Gilmour ha detto che non avrebbe più suonato questa canzone perché era un dialogo tra lui e Wright. Nick, cosa ne pensi di questa canzone?

Non sono assolutamente d’accordo con David su questo punto. David non poteva immaginare… beh, nel 2008 nessuno aveva idea che sarebbe successo, e io credo che questa sia una celebrazione davvero importante di alcune sonorità di Rick e sarebbe una tragedia non suonarla. Credo che il rispetto sia quello di suonare. Non siamo particolarmente d’accordo su questo punto. Decidiamo quello che pensiamo sia meglio per noi, credo.

Avete già detto che non vedete l’utilità di suonare le stesse canzoni che i fan ascoltano già ai concerti di David Gilmour e Roger Waters. Come sarà lo spettacolo e quali canzoni verranno suonate nei concerti in Spagna?

La differenza più grande è che stiamo lavorando sul catalogo dei primi Pink Floyd ed è molto diverso da quello che Roger fa con The Wall e David. Qualcuno ha detto che siamo una garage band vecchio stile e che dobbiamo essere molto più nello spirito dei Pink Floyd del 1967, 1968, 1969; la musica dovrebbe essere un po’ più libera e dovremmo essere in grado di improvvisare un po’. La musica è generalmente tratta da ciò che abbiamo realizzato prima del 1972, quindi include Piper, Saucerful Of Secrets e Meddle, oltre ad alcuni dei singoli meno conosciuti. Credo che per le persone che si ricordano di questi brani ci sia un elemento di nostalgia, ma spero che le persone che non conoscono molto dei vecchi Pink Floyd si divertano e vedano anche come le idee si sono sviluppate nel corso degli anni.

Avete sostituito alcune canzoni del tour precedente. Avete considerato la possibilità di includere brani come “Cymbaline”, “The Embryo” o “Careful With That Axe, Eugene”, che nei primi anni erano canzoni essenziali nel repertorio dei concerti dei Floyd?

In realtà, abbiamo preso in considerazione l’idea di suonare ogni singola canzone di quel periodo; a un certo punto potremmo approfondire il repertorio, ma ad essere onesti non ci sembra di aver esplorato ciò che abbiamo iniziato due anni fa e c’è ancora molto da fare. Penso anche che dobbiamo scegliere le canzoni che riteniamo possano essere un buon intrattenimento serale e ci sono alcune canzoni, come “The Embryo”, che forse… pensiamo di dover essere più veloci in molte canzoni per suonare a un pubblico dal vivo. Ma non c’è nulla che non suoneremo, pensando ai pezzi più difficili, come hai detto tu, The Man and The Journey, che include “Alan’s Psychedelic Breakfast”, che è una grande canzone ma piuttosto complessa da mettere insieme su un piccolo palco, il che è un altro elemento che dobbiamo tenere a mente. Non suoniamo all’Apollo, con un palco enorme, ma in teatri e club con restrizioni e ci sono misure che fanno funzionare le cose.

ROGER WATERS: “ESSERE DALLA PARTE DELLA PACE SIGNIFICA INCORAGGIARE LA DIPLOMAZIA” | PinkFloydItalia


Su PinkFloydItalia la segnalazione di una bella intervista a Roger Waters uscita sul numero 807 del magazine Francese l’Humanité Magazine; ne riposto ampi stralci, interessanti come sempre, perché Waters mette gli accenti giusti sul pericoloso momento che viviamo. Aggiungo solo che quest’uomo ha quasi ottant’anni, è ricco come creso, ma non si tira certo indietro nel menar fendenti al sistema dei banditi in cui cerchiamo tutti di non affogare, mentre siamo segnati a sangue come fossimo bestie da macello (e chi mi conosce sa quanto ami quei poveri esseri, prime vittime dello sfruttamento).

David Gilmour e Nick Mason si sono uniti ad altri musicisti per fare una canzone a sostegno dell’Ucraina. L’hai ascoltata?

L’ho ascoltata, sì. Non sono d’accordo con il loro approccio. C’è un incendio, la gente sta morendo ed è come versare olio sul fuoco. Tutto questo sventolare di bandiere blu e gialle non fa bene a nessuno. L’unica cosa importante per l’Ucraina in questo momento è fermare la guerra in corso. Fermarla attraverso la diplomazia e le trattative tra Zelensky e Putin, che per questo hanno bisogno di un piccolo aiuto da parte degli Stati Uniti e dei governi di Gran Bretagna, Francia, Germania, Europa e probabilmente anche dalla Cina. Quindi tutti possono dire “Va bene, va bene, proseguono i combattimenti. Questo è ciò che dobbiamo incoraggiare”. In Occidente non si sente altro che ‘questo tiranno malvagio Vladimir Putin’ e lui lo è. Ma l’Occidente non è un posto meraviglioso pieno di amore per la libertà e la democrazia. Gli Stati Uniti ignorano completamente i diritti umani, lo hanno dimostrato molte volte invadendo i paesi sovrani. E Zelensky non è il bravo ragazzo, il Robin Hood che viene rappresentato. Noi del movimento per la pace dobbiamo usare tutte le buone voci che abbiamo per incoraggiare la diplomazia, per incoraggiare i colloqui di pace.

Denunci la “distopia corporativa in cui tutti stiamo lottando per sopravvivere”. Parli del sistema capitalista?

Sì, naturalmente. È di questo che parlo. La scuola di Chicago e Milton Friedman hanno fatto del mercato senza regole la panacea di tutti i mali del mondo: bisogna lasciare che il mercato faccia il suo corso e tutto va bene. No. È un sistema corrotto e fallimentare che predica letteralmente il non preoccuparsi degli altri, combattere l’un l’altro fino alla morte come presunta condizione di progresso e ricchezza. E questo sistema mobilita strumenti di propaganda volti a controllare la narrazione per il mondo intero. Questa è una domanda centrale. Il ‘Washington Post’ è di proprietà di Jeff Bezos. Sai, lo stronzo che fa fare pipì agli automobilisti nelle bottiglie sul ciglio della strada perché non possono nemmeno fermarsi per una pausa durante la loro giornata lavorativa. Bezos, Zuckerberg, Gates, Buffett… sono considerati grandi uomini. Guardali… ho incontrato Elon Musk. Continuavo a guardarlo negli occhi per vedere che è pazzo.

Hai inventato un sound, in studio con i Pink Floyd, che continua a ispirare molti musicisti contemporanei. Molti di loro ti considerano il padrino della musica moderna.

È vero che agli albori dei Pink Floyd eravamo – e Syd Barrett in particolare – molto interessati alla sperimentazione, alle ripetizioni dell’eco ecc…, ma a quel tempo non c’erano i computer. E poi, piano piano, si è sviluppato il digitale. Qualcuno ha iniziato a scherzare con l’elettronica, inventando la prima ‘scatola’. Non ho idea di chi fosse, ma potrebbe essere successo perché si è visto che le valvole di un amplificatore reagivano male a un segnale troppo forte. E ottieni quel suono di chitarra distorto. Oh mio Dio, il feedback! Nessuno ha mai pensato di poter sostenere una nota di chitarra del genere. E poi improvvisamente qualcuno ha detto: “Oh, aspetta un minuto. Puoi cambiare il segnale! E se lo inserissimo in qualcosa che possiamo calpestare? Oh, mio Dio, è il pedale, wah! Oh mio Dio, puoi accordare tutte le corde premendo il piede di lato.” Questi sono piccoli passi tecnologici. Come li usiamo è un’altra questione. Sai, è quello che ho fatto in tutta la mia carriera perché amo farlo.

Hai annunciato un tour per quest’estate. Che significato gli dai?

Il suo titolo è “Questo non è uno scherzo”. Vedi questa foto (mostra una foto di Syd Barrett, ndr)? Apparirà sullo schermo dopo l’ultimo verso di “Wish You Were Here”. È difficile per me affrontarlo. Stavamo andando a un incontro presso la sede della Capitol Records (a Los Angeles, ndr); per strada, Syd mi disse con un sorriso: “È bellissimo qui a Las Vegas, non è vero?” Era chiaro che stava impazzendo. Poi il suo viso si oscurò e sputò una sola parola: “Le persone” disse.
Quando perdi qualcuno che ami, serve a ricordare che “questo non è uno scherzo “. Siamo in un momento di grande disperazione. Siamo di fronte a un disastro assoluto. E “Non è uno scherzo.” Abbiamo l’assoluta responsabilità verso tutti i nostri fratelli e sorelle di impedire ai gangster che comandano di distruggere il mondo. È tutto.

NICK MASON’S SAUCERFUL OF SECRETS: AL VIA L’ECHOES TOUR 2022! | PINK FLOYD ITALIA


Su PinkFloydItalia un post che festeggia l’inizio del nuovo tour dei Saucerful of Secrets, la band di cover early Floyd capitanato dallo stesso Nick Mason (chi meglio di lui, si potrebbe dire): Echoes Tour 2022, e quale titolo può essere più evocativo di questo?

Iniziamo dalla scenografia, totalmente cambiata, come si può vedere dalle foto, sia i disegni della batteria che lo sfondo, ma ora lo sfondo si avvarrà anche di proiezioni, per lo più immagini psichedeliche come nel periodo di Syd Barret, ma anche qualche vecchia foto o pezzi di vecchi video. L’impianto luci è fantastico, e se ne gode a pieno soprattutto nella seconda parte del concerto, durante Echoes e altre canzoni.
Riguardo la musica, i nostro eroi non hanno bisogno di presentazioni e suonano alla grande, il basso di Pratt è sempre preciso e lui va in giro per il palco felice, Mr. Kemp è veramente bravo e ispirato. C’è stato anche un siparietto, non ricordo durante che canzone, in cui Mason ha iniziato a suonare e non avrebbe dovuto, al ché Pratt gli ha fatto cenno, e aspettato e diciamo “indicato” quando doveva partire per poi fare il gesto del “bacio”, siparietto carino e che, a mio parere, rispecchia l’amicizia con cui i cinque suonano e lo spirito professionale, ma goliardico, che ancora hanno.
Sulla musica dicevo non si discute, si inizia con “One of these days” e poi mi fermo, perché non ricordo la scaletta e anche perché per me i concerti sono emozioni e questo me ne ha date tante, soprattutto durante Echoes nella seconda parte.

Che dire, un concerto bellissimo, completo, che consiglio a tutti i fan dei Floyd, fosse solo per ascoltare una seconda versione di Echoes (seconda per chi ha avuto la fortuna di vedere Gilmour in concerto nel tour con il compianto Wright).

Pink Floyd e Gilmour ritirano la musica dalle piattaforme russe/bielorusse.


I Pink Floyd – nelle persone di David Gilmour e Nick Mason – hanno deciso di ritirare dal mercato russo i dischi digitali della band e solisti, ma solo dal 1987 in poi, da quando cioè non c’è più Roger Waters – fonte della news: OndaMusicale.
La scelta, la toppa apposta alle ingenue dichiarazioni di giorni fa di Gilmour e Mason riguardo la guerra in Ucraina, peggiora le cose, soprattutto se messa in relazione alla profonda e lucida analisi del loro ex compagno Roger, lunga più cartelle e decisamente inoppugnabile. Non è un caso che i Floyd rimasti si dimostrino dei borghesi capitalisti poco illuminati e che lo scettro politico e ideologico continui a rimanere saldo nelle mani di Waters, colui che antipaticamente ha sempre avuto la ragione e l’acume giusto per navigare nei mari di sterco in cui ci siamo cacciati.

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