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Tra fantasy, fantastico e weird: indagine sul “Novo Sconcertante Italico” | L’indiscreto


Su L’indiscreto un’indagine approfondita sul nuovo Fantastico italiano, in particolare sulle connessioni che si sono instaurate nel genere tra Fantasy, Horror e Weird; in alcuni passi riconosco la tensione che è anche mia nel contaminare il reale col fantastico, riconoscere nel cosiddetto vissuto i germi di qualcosa di terrificante, di lovecraftiano (che è l’agente più potente di contaminazione che il mondo abbia mai espresso) e da lì far risalire all’attuale sistema economico mondiale l’ombra dei Grandi Antichi che gravano su noi: dove finisce il reale e inizia il fantastico? Esiste questa cesura? Pare non sia l’unico a pensarlo, e tutto ciò è connettivismo puro, in fondo

Il tema del nuovo peso che il fantastico esercita nella letteratura contemporanea, ha sicuramente due declinazioni: la prima è di natura politica; è significativo che se avete letto il recente 108 metri di Prunetti, il suo romanzo sugli anni da lavoratore precario in Inghilterra che completa il precedente Amianto, la storia della morte di suo padre come operaio, e che al pari dell’altro è un romanzo di formazione assolutamente realistico, l’oscuro padrone, l’ultimo misterioso e tenebroso imprenditore che controlla tutti gli altri contro i quali Prunetti si affanna e combatte, è nientemeno che lo Chtulhu di Lovecraft, all’interno di un romanzo che a parte questo punto di fuga e la comparsa del fantasma di Margaret Thatcher resta appunto un romanzo che continueremmo a definire realistico. Eppure solo quell’immagine della letteratura horror sembra permettergli di poter esprimere certe cose, anche da un punto di vista della contestazione sociale, e ribadisco che questa dimensione contestatrice del fantastico mi pare davvero importante. L’ultima dimensione cui volevo accennare è che secondo me questo tema della rilevanza dello sconfinamento, il fatto che i romanzi contemporanei non si basino più su un’unica finestra a partire dalla quale affacciarsi sul mondo esterno o interiore (fantastica o realistica che sia…) ma che ci sia bisogno contemporaneamente di più linguaggi per dire un’unica esperienza (e non esperienze diverse) è sicuramente legata alla nuova riflessione sul sacro che la società contemporanea sta ponendosi e attraversando piú o meno consapevolmente, visto la gran quantità di scorie e detriti mitologici che comunque ci portiamo dietro, come direbbe Eliade. Basti ricordare i saggi di Hillman su Pan e il ritorno degli Dei, ma anche L’elogio del politeismo di Bettini, che mi ha suscitato questa riflessione: in fondo, potremmo dire che anche il monoteismo letterario è giovane come il monoteismo teologico. È come se tale recente visione univoca della realtà e della sua resa narrativa sia stata nuovamente messa in discussione e si senta la necessità di superare quello sguardo per cui la realtà era solo un grande complesso razionale, una concezione propria sia di certo aristotelismo cristiano sia poi di un molto meccanicismo illuminista e poi positivista. Gli dèi si sono presi la loro rivincita. C’è bisogno di recuperare una percezione della realtà diversa. Non una sola finestra ma tante finestre, non questo o quel genere ma magari evocare tutti gli sguardi possibili e osservare lo stesso fenomeno con gli occhi e le immagini di Zola e Lovecraft. Credo non sia affatto un caso che in un romanzo fra i più famosi del Weird, ossia American Gods di Neil Gaiman, la vicenda si apra con il protagonista Shadow (Jung docet), che ha un sogno in aereo nel quale gli compare un bufalo divino, un bufalo-uomo che parla, e gli dice “Credi, disse la voce tonante, se vuoi sopravvivere devi credere”. Questa per me è chiaramente una scena metaletteraria, un’immagine con cui Gaiman sta descrivendo un intero orizzonte di senso, una chiave di lettura della sua opera e forse del mondo. “‘Credere? Credere a cosa?’ L’uomo bufalo fissò Shadow e si issò enorme con occhi di bragia, aprì la bocca che all’interno era rossa per via del fuoco che bruciava dentro, sottoterra. ‘A tutto.’ Ruggì.” Ecco. Siamo passati dal credere in Dio, al credere in niente, al credere a tutto».

1 commento»

  Vinicio Motta wrote @

Interessante, non c’è dubbio. Ma il Connettivismo è sempre stato anni luce più avanti. 😎 L’Accademia è lenta, troppo lenta… E quando avrà chiarito cosa è cosa, sarà già tardi. A quel punto noi saremo ancora Tutto, mentre loro saranno aborti che camminano.

P.S. Ammetto che la definizione “Novo Sconcertante Italico” è strabella. 😁

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