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Archivio per Syd Barrett

La canzone dei Pink Floyd che pubblicò Marianne Faithfull – Rockol


Su RockOl una curiosa storia che, confesso, non conoscevo, ed è bellissima; ve la riporto assieme alla song citata – tra l’altro, l’intro lirica è citata, lo so ora, da “YourPossiblePast” di FinalCut, l’ultimo albumo di Waters coi Floyd.

La tragica parabola di Syd Barrett è cosa nota, così come è risaputo l’affetto che i membri dei Pink Floyd hanno sempre avuto nei confronti del loro compagno tanto geniale quanto alle prese con difficoltà personali di quasi impossibile gestione. Syd fu il primo motore della band, ma fu costretto a lasciare il gruppo per affrontare battaglie di altro tipo. In quel periodo Roger Waters scrisse una canzone sulla caduta agli inferi di Barrett. Dopo molti anni Roger Waters decise di regalare a Marianne Faithfull questo inedito.

La canzone non venne mai registrata dai Pink Floyd, ma trovò il modo di essere incisa dalla musicista inglese. Un giorno la Faithfull decise di chiamare Roger Waters e di chiedergli se non avesse dei brani da sottoporle. Waters mise mano al materiale che aveva in archivio e trovò qualcosa che pensava potesse essere adatto a lei.
La canzone venne scritta da Roger Waters nel 1968, l’anno in cui Syd Barrett lasciò i Pink Floyd. Quella canzone si intitolava “Incarceration of a Flower Child” e la melodia era diversa dalle sonorità che contraddistinguevano i Pink Floyd in quel periodo, in più il testo era piuttosto personale. Forse, proprio per questi motivi, la band britannica non la incise.
Marianne Faithfull inserì “Incarceration of a Flower Child” nella tracklist del suo album uscito nel 1999 “Vagabond Ways” (leggi qui la recensione). La canzone fu uno dei brani di maggior successo del disco. Tempo dopo Marianne ne pubblicò una versione demo nella ristampa dell’album. Una versione forse più vicina a come l’aveva pensata Roger Waters quando la scrisse.

The Piper At The Gates Of Dawn – 1967 | FaceBook


Sulla pagina FB FloydHeart ho trovato questa superba recensione al primo disco dei Floyd, “The piper at the gates of dawn”, dove il genio e la splendida brillantezza di Barrett risaltavano come l’oro alchemico. Vi lascio alle note del recensore:

The Piper At The Gates Of Dawn è l’immaginifico titolo del primo LP targato Pink Floyd, ed implica un rinvio immediato all’elemento visivo dove la band, a trazione Syd Barrett, attua una codificazione dell’immaginario per ottenere una ricodificazione del reale attraverso suoni e forme.
La rivoluzione floydiana fu di quelle che cambiarono la percezione della musica stessa, allargandone i confini, accentuandone quella fluidità di visione propria dei precursori, dei geni.Lo sguardo gettato dalla band all’interno della musica psichedelica esplose proprio con questo primo lavoro ufficiale del ’67, in visioni allo stesso tempo interiori ed esteriori, in suoni deformati dalla percezione e dalle pulsioni lisergiche, con una grande varietà di esperimenti e miscellanee. Non mancano composizioni dalle forme semiastratte, che sembrano create in un seminterrato colmo di alambicchi e sbuffi colorati che si sprigionano da ampolle fumanti, confermando la posizione eccentrica della band nell’allora panorama musicale. Tutto ciò costituiva la fase decisiva del loro obliquo e radicale percorso creativo, con l’introduzione di sonorità e testi dal chiaro stampo onirico fino all’utilizzo di pentagrammi contraddistinti da spessi strati di materia musicale.
Ci si ritrova così ad ascoltare un LP che ha l’obiettivo di scardinare qualsiasi canone conformista, sostituendolo con tratti musicali originalmente onirici ove Syd, poeta evasivo ed inafferrabile, affermava un fatto con estrema convinzione per poi contemplarlo dubbiosamente; ed è proprio questo quel che accade durante tutto l’ascolto dell’album: una continua oscillazione e rimbalzo tra composizioni lisergiche, fantastiche e sognanti, misteri e bellezza nella vita di Syd Barrett. In contrapposizione al bianco e nero dell’allora musica dominante, i Pink Floyd si nutrirono di colore e palesarono il loro disinteresse per un banale paesaggio sonoro, puntando al gioco musicale creato dalla commistione di suoni.
Il risultato è un disco che racchiude, senza riuscire a contenerlo, uno spazio virtuale dentro cui l’ascoltatore fa un viaggio, un vero e proprio invito al nomadismo, dove i Floyd non si imposero come testimoni laterali della scena psichedelica ma come veri e propri protagonisti d’eccellenza.Nei brani come The Gnome, The Scarecrow e Bike, la coesistenza di un infantilismo rivoluzionario e le immersioni visive indotte dalle musiche stranianti sono i campi d’azione principali, vere e proprie acque inesplorate per quell’epoca. Il susseguirsi dei brani, che sgorgano dalla puntina del giradischi, crea un iperrealistico ascensore le cui porte sembrano aprirsi su un ambiente multicolore, dei veri e propri mini-universi come ambienti mentali in cui perdersi. In Lucifer Sam, Matilda Mother e Flaming il genio di Syd e la maestria degli altri tre musicisti mostrano l’impronta originale della loro personalità, con composizioni musicali che non suggeriscono l’emozione dell’attimo, ma danno un senso di durata e stabilità, sintatticamente limpide, dove un orgasmo di tastiere vorticose, giri di basso in picchiata di ottave, tintinnii e assoli di chitarra carichi di feedback conditi da cataclismi cosmici inebriano e mesmerizzano gli ascoltatori.

Con undici brani caleidoscopici, scene visionarie di un’avanguardia sfalsata, permeata da immagini stratificate e geometrie compositive rigorose, capaci di indurci allo straniamento nella percezione della realtà, The Piper rappresenta, a pieno titolo, il primo affluente di quell’Endless River che ci ha accompagnato per quasi quarant’anni, forse il momento più sincero e importante di una carriera che vivrà spesso di luce riflessa, emanata proprio da questo faro, che illumina un mondo parallelo in cui la quotidianità privata e la visionarietà dell’artista sono un tutt’uno e dove la nota musicale è già di per sé significato, e non richiede una chiosa per farsi comprensibile.

SYD BARRETT: “HAVE YOU GOT IT YET?” – IL DOCUMENTARIO | PINK FLOYD ITALIA


Su PinkFloydItalia la segnalazione della realizzazione di Have You Got It Yet? The Story of Syd Barrett and Pink Floyd, un documentario che verte su Syd Barrett, il fondatore dei Floyd; ovviamente sono molto gli attori coinvolti, tutti dell’entourage Floyd, tutti coloro che hanno avuto una parte nelle vicende di Syd. Vi lascio a un estratto dall’articolo:

Il documentario esplora l’enigmatico Barrett, che ha scritto i primi due successi dei Pink Floyd e ideato il nome della band. Nel 1968, pochi anni dopo la fondazione del gruppo, Barrett fu costretto a lasciare i Pink Floyd quando i suoi compagni di band si allarmarono per la sua stabilità mentale e l’uso di droghe psichedeliche.
“Barrett abbandonò la musica e tornò a casa, a Cambridge, per gli ultimi 30 anni della sua vita e per il suo primo amore, la pittura“, si legge nel comunicato stampa del documentario. Alcuni dei maggiori successi mondiali dei Pink Floyd – Dark Side of the Moon, Wish You Were Here e The Wall – esaminano i temi della follia e della celebrità, tra cui “Shine On You Crazy Diamond” e “Wish You Were Here”, scritte come tributo a Barrett. Have You Got It Yet? è stato diretto dal pluripremiato regista Roddy Bogawa e dal defunto graphic designer Storm Thorgerson, co-fondatore dello studio Hipgnosis che ha creato alcune delle più famose copertine di album rock di tutti i tempi, tra cui Dark Side of the Moon e Wish You Were Here dei Pink Floyd. Thorgerson conosceva Barrett fin dagli anni ’60.
“Il film è stato completato da Bogawa con il fotografo Rupert Truman degli StormStudios e il produttore Julius Beltrame dopo la prematura scomparsa di Storm nel 2013“, si legge nel comunicato. “Il produttore Orian Williams… è entrato nel progetto mentre era ancora in produzione“. Il documentario, prodotto da Believe Media e A Cat Called Rover, contiene interviste inedite ai membri della band Pink Floyd David Gilmour (amico d’infanzia, e che riempì essenzialmente il vuoto lasciato da Barrett), Nick Mason e Roger Waters, oltre alla sorella di Barrett, Rosemary Breen, ai manager dei Pink Floyd Peter Jenner e Andrew King, a Pete Townshend degli Who, Graham Coxon dei Blur, Andrew VanWyngarden degli MGMT, al drammaturgo Tom Stoppard e ad altri. L’attore Jason Isaacs è il narratore del film.

Orian Williams ha commentato: “La parte più difficile nel raccontare la storia di Syd Barrett è stata l’interpretazione del suo processo di armonia e di come l’inaspettata sinergia sonora e la discordanza visiva, entrambe apparentemente casuali, fossero pianificate e ben pensate. Roddy Bogawa ci dà un’idea di come Barrett abbia incanalato il genio, la follia e la sperimentazione nei Pink Floyd, il contenitore in cui tutto ha preso vita ma che ha anche portato via Syd“.

Syd Barrett a selected chronology of paintings (art works)


Syd Barrett era anche un pittore, un artista che da dopo l’esperienza musicale coi Floyd ha preferito esprimersi tramite il media dei colori, delle immagini. In questo clip una serie di sue opere che, devo dire, non sempre mi appaiono geniali, ma che custodiscono in sé quello strano germe che potrebbe essere follia, e invece credo fosse lo spunto a guardare oltre. Buona visione.

Roger Waters – Shine On You Crazy Diamond Parts (VI-IX)/Sheep


Mieidèi!

Il nuovo tour di Roger Waters è iniziato


È tornato…

Non hai notato la fuga


Quando ti hanno accolto nei reconditi luoghi dove hai potuto nasconderti, non hai notato le zaffate di muffa marcia che esaltavano la fuga che dovevi intraprendere, verso l’assoluto.

COMMISSION Transcendency Online II: Battle Royale


…alone in the cloud of blue…

ROGER WATERS: “ESSERE DALLA PARTE DELLA PACE SIGNIFICA INCORAGGIARE LA DIPLOMAZIA” | PinkFloydItalia


Su PinkFloydItalia la segnalazione di una bella intervista a Roger Waters uscita sul numero 807 del magazine Francese l’Humanité Magazine; ne riposto ampi stralci, interessanti come sempre, perché Waters mette gli accenti giusti sul pericoloso momento che viviamo. Aggiungo solo che quest’uomo ha quasi ottant’anni, è ricco come creso, ma non si tira certo indietro nel menar fendenti al sistema dei banditi in cui cerchiamo tutti di non affogare, mentre siamo segnati a sangue come fossimo bestie da macello (e chi mi conosce sa quanto ami quei poveri esseri, prime vittime dello sfruttamento).

David Gilmour e Nick Mason si sono uniti ad altri musicisti per fare una canzone a sostegno dell’Ucraina. L’hai ascoltata?

L’ho ascoltata, sì. Non sono d’accordo con il loro approccio. C’è un incendio, la gente sta morendo ed è come versare olio sul fuoco. Tutto questo sventolare di bandiere blu e gialle non fa bene a nessuno. L’unica cosa importante per l’Ucraina in questo momento è fermare la guerra in corso. Fermarla attraverso la diplomazia e le trattative tra Zelensky e Putin, che per questo hanno bisogno di un piccolo aiuto da parte degli Stati Uniti e dei governi di Gran Bretagna, Francia, Germania, Europa e probabilmente anche dalla Cina. Quindi tutti possono dire “Va bene, va bene, proseguono i combattimenti. Questo è ciò che dobbiamo incoraggiare”. In Occidente non si sente altro che ‘questo tiranno malvagio Vladimir Putin’ e lui lo è. Ma l’Occidente non è un posto meraviglioso pieno di amore per la libertà e la democrazia. Gli Stati Uniti ignorano completamente i diritti umani, lo hanno dimostrato molte volte invadendo i paesi sovrani. E Zelensky non è il bravo ragazzo, il Robin Hood che viene rappresentato. Noi del movimento per la pace dobbiamo usare tutte le buone voci che abbiamo per incoraggiare la diplomazia, per incoraggiare i colloqui di pace.

Denunci la “distopia corporativa in cui tutti stiamo lottando per sopravvivere”. Parli del sistema capitalista?

Sì, naturalmente. È di questo che parlo. La scuola di Chicago e Milton Friedman hanno fatto del mercato senza regole la panacea di tutti i mali del mondo: bisogna lasciare che il mercato faccia il suo corso e tutto va bene. No. È un sistema corrotto e fallimentare che predica letteralmente il non preoccuparsi degli altri, combattere l’un l’altro fino alla morte come presunta condizione di progresso e ricchezza. E questo sistema mobilita strumenti di propaganda volti a controllare la narrazione per il mondo intero. Questa è una domanda centrale. Il ‘Washington Post’ è di proprietà di Jeff Bezos. Sai, lo stronzo che fa fare pipì agli automobilisti nelle bottiglie sul ciglio della strada perché non possono nemmeno fermarsi per una pausa durante la loro giornata lavorativa. Bezos, Zuckerberg, Gates, Buffett… sono considerati grandi uomini. Guardali… ho incontrato Elon Musk. Continuavo a guardarlo negli occhi per vedere che è pazzo.

Hai inventato un sound, in studio con i Pink Floyd, che continua a ispirare molti musicisti contemporanei. Molti di loro ti considerano il padrino della musica moderna.

È vero che agli albori dei Pink Floyd eravamo – e Syd Barrett in particolare – molto interessati alla sperimentazione, alle ripetizioni dell’eco ecc…, ma a quel tempo non c’erano i computer. E poi, piano piano, si è sviluppato il digitale. Qualcuno ha iniziato a scherzare con l’elettronica, inventando la prima ‘scatola’. Non ho idea di chi fosse, ma potrebbe essere successo perché si è visto che le valvole di un amplificatore reagivano male a un segnale troppo forte. E ottieni quel suono di chitarra distorto. Oh mio Dio, il feedback! Nessuno ha mai pensato di poter sostenere una nota di chitarra del genere. E poi improvvisamente qualcuno ha detto: “Oh, aspetta un minuto. Puoi cambiare il segnale! E se lo inserissimo in qualcosa che possiamo calpestare? Oh, mio Dio, è il pedale, wah! Oh mio Dio, puoi accordare tutte le corde premendo il piede di lato.” Questi sono piccoli passi tecnologici. Come li usiamo è un’altra questione. Sai, è quello che ho fatto in tutta la mia carriera perché amo farlo.

Hai annunciato un tour per quest’estate. Che significato gli dai?

Il suo titolo è “Questo non è uno scherzo”. Vedi questa foto (mostra una foto di Syd Barrett, ndr)? Apparirà sullo schermo dopo l’ultimo verso di “Wish You Were Here”. È difficile per me affrontarlo. Stavamo andando a un incontro presso la sede della Capitol Records (a Los Angeles, ndr); per strada, Syd mi disse con un sorriso: “È bellissimo qui a Las Vegas, non è vero?” Era chiaro che stava impazzendo. Poi il suo viso si oscurò e sputò una sola parola: “Le persone” disse.
Quando perdi qualcuno che ami, serve a ricordare che “questo non è uno scherzo “. Siamo in un momento di grande disperazione. Siamo di fronte a un disastro assoluto. E “Non è uno scherzo.” Abbiamo l’assoluta responsabilità verso tutti i nostri fratelli e sorelle di impedire ai gangster che comandano di distruggere il mondo. È tutto.

Syd Barrett – Rhamadan


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