Su HorrorMagazine la seconda parte delle notazioni sulla weird fiction – qui la prima parte. Alcuni stralci dalla trattazione di Antonino Fazio, in cui ci concentriamo sul new-weird:
La differenza tra i VanderMeer e Lovecraft, che vede il weird principalmente come una tipologia di horror, potrebbe essere attribuito al fatto che l’esperienza di Lovecraft era limitata agli autori precedenti e ai suoi contemporanei. I VanderMeer hanno invece avuto modo di vedere cos’è accaduto dagli anni ’30 in poi del secolo scorso. Così, ai loro occhi, il weird moderno dilaga dappertutto, e si può ritrovare in molti autori moderni.
C’è dunque da chiedersi se ci troviamo di fronte a due concezioni nettamente contrapposte, o se ci sia modo di renderle compatibili. La chiave per rispondere in modo affermativo la possiamo trovare nel paragrafo che conclude l’introduzione del citato saggio di Lovecraft. Egli dice che naturalmente non dobbiamo aspettarci che tutte le storie weird si conformino a un qualsivoglia modello teorico, anche perché il weird sorge spesso da scelte inconsce che riguardano più l’atmosfera che la trama.
Al contrario, la decisione deliberata di indottrinare il lettore o di spiegare gli orrori in termini razionali distrugge la sensazione di paura cosmica di cui si nutre il weird. E tuttavia, perfino in questo caso, in alcuni punti del testo la sensazione può sorgere a causa di alcuni tocchi isolati che riescono a creare la giusta atmosfera. In definitiva, afferma Lovecraft, si tratta di capire se il testo ci trasmette un profondo senso di paura e di contatto con forze e dimensioni arcane, uno sbigottimento come quello che può sorgere ascoltando il cupo battito d’ali o il raschiare di ombre ed entità che si muovono oltre l’orlo più esterno dell’universo conosciuto.
Più questo effetto viene raggiunto, migliore è la storia come prodotto artistico in uno specifico medium, conclude Lovecraft. Dato che il termine medium sembra qui indicare il tipo, o genere, di narrazione, ne deriva che lo stesso Lovecraft era del tutto consapevole che il weird è qualcosa che può comparire, potenzialmente, in un testo qualsiasi. Questo ci riporta direttamente alle conclusioni dei VanderMeer, che si sono occupati dell’argomento anche nell’introduzione a un’altra antologia, dedicata al cosiddetto “New Weird” (2008).Tuttavia, niente ci impedisce di pensare che il weird sia un concetto multiforme. Perciò può essere, di volta in volta, un genere puro, un genere di confine, oppure una suggestione. Basta accettarne la natura paradossale, l’ossimoro situato nel cuore stesso del weird, per il fatto che esso è un tentativo di rappresentare ciò che non è rappresentabile, ovvero l’incommensurabilità del cosmo rispetto all’uomo, la sua alterità assoluta.
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