Su AxisMundi l’intro del saggio Oltre il reale, scritta da Lorenzo Pennacchi. Qui sotto la significativa selezione iniziale, dove si dispiega la potenza mitopoietica del Fantastico attraverso le opere, tra gli altri citati, di Gustav Meyrink, Arthur Machen, Clark Ashton Smith:
La Fantasia è una naturale attività umana.
Certo, essa non distrugge e neppure offende la Ragione,
e non smussa neanche l’appetito per,
né oscura la percezione della, verità scientifica.
Al contrario. Quanto più la ragione è acuta e chiara,
tanto meglio opererà la fantasia.Così nella conferenza Sulle Fiabe, tenuta nel marzo 1939 alla St. Andrews University, Tolkien definiva la propria visione del fantastico, concepito non solamente come mezzo di riscoperta, evasione e consolazione, ma anche e soprattutto in quanto incantesimo, realizzato mediante l’autentica arte sub-creativa, che «produce un Mondo Secondario nel quale sia l’artefice che lo spettatore possono entrare». Una vera e propria abilità elfica in grado di superare la realtà, attraversandola e non semplicemente rigettandola. Similmente, nel 1934, in Alcuni appunti sulla narrativa interplanetaria, Howard Phillips Lovecraft aveva sostenuto che «situazioni e avvenimenti inverosimili […] debbono superare l’handicap di essere incredibili; e superarlo è possibile soltanto mediante un accurato realismo in ogni altro aspetto della storia, in aggiunta alla graduale e sottilissima creazione di un’appropriata atmosfera emotiva».
La dimensione del fantastico è da sempre presente nella vita umana. Nell’antichità, attraverso il ricorso a miti, saghe e leggende gli esseri umani hanno plasmato le proprie convinzioni e motivato le loro azioni. Nella modernità questa spinta propulsiva non si è affatto esaurita, articolandosi in riferimento a società più dinamiche e meno organiche. Ad oggi il fantastico invade l’immaginario collettivo: i prodotti fantastici si trovano quotidianamente nelle librerie, nei cinema e nelle case. Parallelamente a questo approccio di consumo del genere, scaturito da motivazioni generalmente ludico-economiche e caratterizzato da una ricezione spesso passiva dei contenuti, si stanno sempre più diffondendo analisi critiche profonde attorno a determinati autori, creatori di universi altri, ma non per questo distanti dalla realtà.
Del resto, ieri come oggi, «mancanza di sincerità, convenzionalità, banalità, artificiosità, false emozioni e puerile stravaganza regnano incontrastate in questo genere sovraffollato, cosicché soltanto pochissime opere possono rivendicare una vera maturità». Relazionarsi autenticamente con questi demiurghi significa, infatti, entrare in piani secondari, fittamente oscuri o colmi di speranza a seconda dei casi, per uscirne rafforzati, tanto da poter proiettare quelle esperienze e tematiche appena acquisite nel mondo primario. Allo stesso tempo le loro opere richiedono al lettore la propensione all’evasione, come momento essenziale dell’autentica ricerca. Scrive Elémire Zolla:
«Uscire dallo spazio che su di noi hanno incurvato secoli e secoli è l’atto più bello che si possa compiere. Quasi nemmeno ci rendiamo conto delle nostre tacite obbedienze e automatiche sottomissioni, ma ce le possono scoprire, dandoci un orrore salutare, i momenti di spassionata osservazione, quando scatta il dono di chiaroveggenza e libertà e per l’istante si è padroni, il destino sta svelato allo sguardo.»
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