Su CarmillaOnLine la recensione a In segreto. Crimini sessuali e clero tra età moderna e contemporanea, di Lorenzo Benadusi e Vincenzo Lagioia, uscito per i tipi di Mimesis.
Direi che posso lasciare il campo alla valutazione di Armando Lancellotti.
Dei cinque capitoli in cui si articola questo volume – due, insieme all’Introduzione, scritti dai curatori del libro e gli altri tre da Tommaso Scaramella, Vincenzo Lavenia e Marco Marzano – i primi quattro analizzano e studiano la questione degli abusi su minori e della pedofilia all’interno della Chiesa da un punto di vista storico, mentre il quinto segue l’approccio delle scienze sociali ad un problema che, negli ultimi vent’anni circa, a partire cioè dal caso Spotlight in poi e attraverso altre inchieste giornalistiche e vari casi giudiziari, ha calamitato l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale, esplodendo in tutta la sua gravità criminale e morale ed investendo in pieno una Chiesa ancora troppo restia ad aprirsi ad un serio ed approfondito confronto pubblico su questa piaga che attraversa la sua millenaria storia.
L’approccio sociologico a questo fenomeno – scrive Marco Marzano nell’ultimo capitolo – è reso difficile da alcuni fattori, in particolare dalla scarsa disponibilità di dati e materiali su cui esercitare l’analisi. Se, infatti, gli psicologi e gli psichiatri si avvalgono dei casi clinici da loro seguiti e gli storici delle carte dei tribunali (civili o ecclesiastici) del passato, delle cronache e, per l’epoca più recente, delle fonti di stampa, i sociologi, che tentino di comprendere se ci siano elementi strutturali dell’assetto organizzativo ed istituzionale della Chiesa e dei suoi organi di formazione che facilitino il compimento di abusi sessuali su minori da parte dei religiosi, si scontrano con la difficoltà di raccogliere in misura congrua dati, sia quantitativi sia qualitativi, a cui si aggiungono la sostanziale indisponibilità della Chiesa ad aprirsi ad effettive forme di collaborazione e la mancata istituzione di specifiche commissioni di inchiesta nazionali, eccezion fatta per alcuni paesi, soprattutto quelli anglosassoni.
Marzano articola il suo ragionamento su tre livelli, quello quantitativo, riguardante le dimensioni del fenomeno, il numero dei preti coinvolti ecc.; quello qualitativo, che concerne le caratteristiche strutturali del mondo clericale che possono agire da fattori scatenanti del fenomeno ed infine quello che coinvolge gli atteggiamenti dei vertici della Chiesa nei confronti del fenomeno.
Dal punto di vista quantitativo, laddove inchieste accurate si sono svolte, emergono dati molto simili che pertanto si avvalorano e si verificano reciprocamente e che rilevano percentuali analoghe di sacerdoti colpevoli di abusi sul totale della popolazione clericale dei differenti paesi; ma il dato sicuramente più allarmante è quello che riguarda il confronto con le altre chiese cristiane e con altre istituzioni sociali che aggregano bambini e giovani.«Dal confronto è emerso che l’ambiente cattolico è il più rischioso per l’integrità sessuale dei minori, in una misura più che tripla rispetto alle scuole pubbliche, ai campi estivi, ai club sportivi e a quelli nei quali si svolgono attività culturali o artistiche» (p. 197). Rilievi simili emergono dal confronto tra il comportamento del personale religioso delle varie confessioni/chiese cristiane: le commissioni di inchiesta statunitense ed australiana, per esempio, mostrano come sul totale dei casi di abusi sessuali su minori compiuti all’interno di istituzioni religiose, quasi due terzi siano avvenuti in ambienti cattolici e per di più in paesi in cui il cattolicesimo non è la regione maggioritaria.
Altra conseguenza seria e rilevante della coercizione al celibato è l’immaturità sessuale, dovuta al senso di colpa e alla segretezza con cui il seminarista prima e il prete poi vivono la sessualità, repressa, stigmatizzata e colpevolizzata dalla rigida disciplina ecclesiastica, che induce a nascondere i propri sentimenti e desideri per sottostare alla gerarchia. Insomma, osserva Marzano, molti preti abusatori di fatto «si trovano in uno stato di maturazione sessuale simile a quello delle loro vittime». (pp. 207-208)
Ulteriore ripercussione è l’anaffettività, «che nel caso degli abusi, si manifesta come incapacità di mettersi nei panni delle vittime, ovvero dei minori abusati» (p. 208), anche perché prevale nella mentalità clericale la tendenza a giudicare l’abuso sessuale come un vizio morale e un peccato, che pertanto riguardano soprattutto il soggetto stesso che li compie e non come un reato, che produce i suoi traumatizzanti effetti sulle vittime, ossia i minori abusati. «I preti trascorrono un’intera esistenza […] immersi in una “cultura del segreto” all’interno della quale tutte le cose rilevanti della vita intima, della sfera affettiva, emotiva e personale sono impossibili da rivelare in pubblico». (p. 209)Per concludere, questo curato da Benadusi e Lagioia è un volume di grande interesse e utilità, che da un’angolazione prevalentemente storica getta uno sguardo su un campo di ricerca che sicuramente in futuro dovrà conoscere ulteriori analisi, approfondimenti e interpretazioni.
Rispondi