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Archivio per Bifo

I cinesi al liceo – Carmilla on line


Su CarmillaOnLine un racconto particolare di Valerio Evangelisti, che rievoca i suoi giorni liceali a Bologna e fa capire molto del suo orientamento politico da adulto; un estratto:

Le lezioni erano cominciate da pochi giorni. Era l’ottobre del 1969, e io frequentavo la prima liceo classico (oggi corrispondente, credo, alla terza) presso l’istituto Marco Minghetti di Bologna.
Un liceo particolare, il Minghetti. Vi ero giunto dopo una quarta ginnasio disastrosa presso il liceo classico rivale, il Galvani. “Disastrosa” non per gli esiti, quanto per l’ambiente. Avevo per compagni di classe ragazzi in prevalenza ricchi o ricchissimi, con cui faticavo a legare. Inoltre vi era una larga prevalenza di fascisti, forse più negli atteggiamenti che nell’ideologia (appresi poi che lo stesso istituto annoverava tra i propri allievi Gianfranco Fini, però io non lo ricordo).
La composizione sociale del Minghetti era molto diversa. Vi predominava la piccola borghesia. La politicizzazione era scarsa, però nel ’68 uno studente dell’ultimo anno, soprannominato Bifo, aveva promosso uno sciopero e un sit-in nell’atrio della presidenza, a cui avevo partecipato. Si erano tenute assemblee, sebbene su temi marginali (il cattivo stato dei gabinetti, l’esigenza di un distributore di bibite, ecc.).
Bene, quel giorno dell’ottobre 1969, arrivato al liceo, mi attendeva una sorpresa. Davanti all’ingresso era schierata una fila di giovani, disposta con ordine quasi militare. Ognuno di essi aveva al collo un fazzoletto rosso con l’effigie di Mao, e ognuno reggeva una bandiera recante una falce e martello con gli angoli smussati, sovrastante la scritta Servire il popolo. Altri distribuivano volantini e il giornale La guardia rossa.
Io non aspettavo altro. A dire la verità, fino all’estate non ero stato per nulla maoista. L’anno precedente, con altri due ragazzi, avevo costituito nel mio liceo il Circolo Anarchico Bandiera Nera. Avevamo distribuito un volantino in sei copie, fatto con la carta carbone, e appeso a una finestra una bandiera per l’appunto nera, ricavata dal grembiule (che allora per le ragazze era obbligatorio) di una compagna di classe. Nient’altro. Poi, durante le vacanze, avevo letto le Citazioni dal pensiero di Mao Tse-Tung edite da Feltrinelli. Non che mi avessero convertito, però parevano mobilitare masse di giovani in tutto il mondo. Io avevo bisogno di menare le mani, e Bakunin sembrava insufficiente (Umanità Nova era un vero strazio). La clamorosa apparizione dei maoisti davanti al Minghetti fu la manna dal cielo.

Quello stesso pomeriggio io e alcuni compagni di classe – ricordo Massimo Stagni, Cesare Vianello – ci recammo all’indirizzo indicato dal volantino. L’Unione dei Comunisti Italiani Marxisti-Leninisti aveva sede in una sfarzosa palazzina di Viale Dante, messa a disposizione, seppi poi, da un notaio che collaborava ai Quaderni Piacentini. Quando suonammo alla porta venne ad aprirci una ragazza bellissima, che alzò il pugno. «Cosa volete, compagni?»
L’atrio era un profluvio di bandiere rosse, e un grammofono suonava le note de L’oriente è rosso e di altri inni cinesi. Fummo fatti entrare in una sala che già accoglieva altri studenti del Minghetti: Libero Fontana, Pietro Poggi, Francesco Cifiello, più una ragazza ancor più incantevole di quella che ci aveva aperto, dai lunghi capelli rossi (il nome non me lo ricordo). Un dirigente dell’Unione, tale Briganti, stava illustrando un opuscolo di Aldo Brandirali, leader supremo del gruppo. Alle pareti, minacciosi cartelli esortavano a curare i baffi e a non portare barba, a fumare con moderazione, ecc.
Uscimmo di lì tutti iscritti all’Unione, e carichi di giornali da vendere. La guardia rossa conteneva un racconto esemplare su una lavatrice di condominio, che aveva sottratto gli inquilini alla servitù degli elettrodomestici privati. Le pagine centrali erano occupate dal testo della futura Costituzione della Repubblica Italiana. Giuridicamente era un po’ rozza – “I preti potranno dire messa, ma non riceveranno quattrini dallo Stato” – e prevedeva un sacco di fucilazioni; però pensai che, prima della rivoluzione, sarebbe stata senz’altro migliorata.
Pochi giorni dopo ero davanti al Minghetti, con il mio fazzoletto rosso al collo e la bandiera che sventolava. Passò la professoressa di italiano del ginnasio e mi disse: «Vedi che avevo ragione a chiamarti Mao-Mao?» In effetti aveva battezzato così me e una compagna di classe, Luciana Emiliani, dopo che in un tema avevamo preso posizione a favore del maggio francese. Le risposi con un grugnito.

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Un concerto di cigni starnazzanti (e neri) | di BiFo


“La parola rassegnazione risuona nella mia mente come un rompicapo. Significa abbandonare il lavoro, ma anche: accettare il destino e piegare la testa. Io suggerisco una diversa interpretazione: cambiare l’orizzonte delle attese, risignificare la vita sociale, concentrarsi sulla frugalità e l’utilità, concentrarsi sul piacere piuttosto che sull’accumulazione, concentrarsi sulla solidarietà piuttosto che sulla competizione. Far emergere dalla tempesta virale questo cambiamento psicoculturale è il compito intellettuale del presente”.

Così BiFo ci riassume su Not.NeroEditions uno dei punti salienti di questo momento storico, accompagnandolo con visioni apocalittiche proprie di una realtà distopica che ha gettato via la maschera della dittatura felice per assumere, feroce, il ghigno orwelliano. Vi lascio ad altri stralci delle riflessioni di Franco Berardi del 22 gennaio (è importante questa precisazione; grazie Kremo per avermi segnalato il link)

Per qualche ragione che fatico a capire, Biden ha pensato che, perdute due guerre regionali contro nemici militarmente primitivi, il solo modo per ristabilire l’onore dell’America e per recuperare l’appoggio del suo popolo che si prepara a nuove elezioni, era lanciare una guerra contro un regime granitico nel suo nazionalismo, e dotato di un arsenale atomico che può annientare il genere umano.
Mentre Lavrov chiede che la NATO ritiri i suoi contingenti dai paesi che confinano con la Russia (come Reagan aveva promesso a Gorbaciov in un tempo che ora appare assai lontano), mandare ottomila uomini nel Baltico e novanta tonnellate di armi in Ucraina equivale a costringere Putin alla guerra.

Putin sa che se perde la faccia il suo potere si sgretola, e può contare sulla tradizione russa di unità sacra fino all’ultimo uomo quando un nemico attenta alla Santa Madre Russia. Non occorre ricordare i precedenti storici, basta leggere Tolstoj e Dostoevskij. E anche Solgenitsin, e più di tutti Vasily Grossman. Se è vero, come dicono osservatori colti come Enrico Franceschini, che Putin nasconde il cuore di uno Stavrogin, allora siamo fritti. Biden a questo punto non può tornare indietro, e il gruppo dirigente americano si trova con ogni evidenza in una condizione psicopatica di panico.

La psicosi totalitarista – L’INDISCRETO


Su L’Indiscreto un articolo di Franco “Bifo” Berardi ed Enrico Monacelli che parte da un saggio di Bifo di circa trent’anni fa in cui tracciava le traiettorie di quello che poi sarebbe diventato il movimento populista e identitario che percorre il pianeta ma, soprattutto, i Paesi più in vista dell’Europa, con le sue origini storiche radicate sempre nella stessa fetida malattia religiosa ma che, inaspettatamente per qualcuno, vanno a finire fino al nazismo attraverso il cancro del capitalismo. Un estratto:

Con l’espulsione dei mori e degli ebrei dalla Spagna ricristianizzata, nel 1492, la persecuzione razziale diviene un elemento integrante e fondativo dello Stato moderno. La società spagnola del Secolo d’Oro è tutta modellata sull’ossessione della purezza, dell’integrità razziale. Il sentimento barocco nasce dalla proliferazione delle prospettive di senso. In questa proliferazione si avverte il diffondersi di una locura, di una follia, di una perdita inarrestabile del senso. La reazione aggressiva, autoritaria, razzista, persecutoria che si scatena nella Spagna della Riconquista manifesta un aggrappamento disperato a una fonte di identità, che l’accelerazione comunicativa ed esperienziale dell’epoca aveva fatto esplodere. Il Seicento comincia a percepire la dimensione sociale della psicopatologia, e la collega immediatamente all’inflazione del senso. José A. Maravall collega la percezione di una locura del mondo con il diffondersi dell’inflazione, nella Spagna seicentesca.
Tutto è una confusione in cui non si può essere certi di nulla. Ma da dove viene questa confusione? Tutto è valutato a prezzi eccessivi: l’inflazione, è qui il fantasma. Grave in tutta Europa, ma soprattutto in Spagna, si trattava di un fenomeno che era già conosciuto ma non aveva mai avuto quella estensione.

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Bifo | Santarcangelo Festival 2050


Direi che non c’è molto altro da aggiungere. Bifo, in una recente intervista:

Nei suoi libri sostiene che il sentimento più diffuso tra le generazioni di trenta-quarantenni di oggi è l’umiliazione. Sono d’accordo. Ci sentiamo frustrati dal non essere all’altezza dell’idea che avevamo di noi stessi, del destino speciale a cui eravamo certi di avere diritto se ce l’avessimo messa tutta. Chi ci ha convinti che bastava l’impegno e una volontà di ferro per conquistare il nostro posto al sole nel mondo? Chi ci ha convinti che se non troviamo quel posto non valiamo niente?

Quelli che ci hanno convinto del fatto che la libertà d’impresa, la competizione e la meritocrazia siano valori positivi. Si è trattato di un inganno criminale, che ci ha disarmato di fronte all’attacco che il neoliberismo ha condotto contro la civiltà sociale.

In che senso?

Dal punto di vista evolutivo, il neoliberismo ha prodotto effetti che sono peggiori di quelli che aveva prodotto il nazismo, ha lavorato più nel profondo, ha preparato una catastrofe che può essere peggiore. Ora tutti cominciano a capire che la promessa neoliberista è una trappola. Io ho insegnato fino a tre anni fa, e fino ad allora ho sempre sostenuto che l’epoca in cui viviamo è spaventosa da un punto di vista etico, estetico, esistenziale, che ci son stati tempi peggiori per freddo e per fame (almeno nella nostra parte del mondo), ma dal punto di vista dell’umiliazione mai abbiamo sofferto come oggi. Tuttavia, fino a quando insegnavo e fino a quando ho scritto Futurability (Verso 2017 e in Italia Nero 2018, ndr) ero convinto che la Storia non si fosse ancora chiusa, che permanesse una possibilità di riscatto che si giocava tutta sul terreno del rapporto tra tecnologia e organizzazione sociale e culturale, e che quella porta potesse essere riaperta da una riattivazione politica e poetica (cioè psichica) del corpo collettivo. Ora non lo credo più.

Orizzonti del fantastico: attualità del cyberpunk – Quaderni d’Altri Tempi


Su QuaderniAltriTempi un corposo articolo di Luca Giudici che opera un lungo excursus nei meandri del cyberpunk, approfittando dell’evento mondadoriano del momento: l’uscita nelle libreria di Cyberpunk, antologia assoluta, tomo di quasi 1400 pagine in cui sono contenuti i romanzi Neuromante di William Gibson, La matrice spezzata di Bruce Sterling, Snow Crash di Neal Stephenson e l’antologia Mirroshades.

La storia della ricezione del cyberpunk e di ciò che ne nacque, a conti fatti è quindi un libro che deve essere ancora scritto. Soltanto oggi, a otto anni dalla scomparsa, si comincia ad analizzare con la dovuta serietà l’immane lavoro di Antonio Caronia e la sua riflessione su questi temi. Ancora da iniziare invece è un’analoga operazione per quanto riguarda Franco “Bifo” Berardi, che sul tema ha scritto diversi testi, molti dei quali oggi di difficile reperibilità, e il cui apporto alla ricezione del cyberpunk in Italia è determinante. Ciò che emerge è la estrema difficoltà insita nel tentativo di codificare ciò che accadde al mondo del fantastico nell’ultimo quarto del secolo scorso, anche e soprattutto perché nei vent’anni che seguirono e che ci portano fino all’oggi, ancora una volta cambiò tutto. Cosa è successo? È successo che il cyberpunk è diventato, come avrebbe detto Baudrillard, il simulacro di se stesso.

Quanto fino a pochi decenni or sono rientrava nella sfera dell’immaginario oggi appartiene alla realtà quotidiana, e contestualmente si è creata una zona grigia, una fascia di trasmissione osmotica dove la tecnologia realizzata e quanto proiettato dal fantastico si mescolano e si confondono, influenzandosi reciprocamente e ricreandosi l’un l’altro senza interruzione. Ciò che oggi nella produzione letteraria viene definito cyberpunk, in realtà ne è solo un pallido riflesso, un debole rimando, inefficace per leggere il reale e ciecamente rinchiuso nella dimensione narrativa, confidando su quel fraintendimento che vede nella distopia una espressione del cyberpunk. Tutto ciò dimenticando il movimento degli esordi, che esondava continuamente nella realtà e in ogni altro tipo di espressione, influenzandole e trasformandole.

Cortocircuito temporale
Oggi quanto intuito nei primi romanzi e racconti si è nella sostanza realizzato, e noi viviamo immersi in quella connessione continua e costante che William Gibson ha chiamato cyberspazio, ma questo evento, per quanto chiaro e distinto ai nostri occhi, per essere analizzato deve essere calato nel contesto, sia in termini di datazione sia per quanto riguarda i contenuti caratteristici.
Il cyberpunk ha un rapporto complicato con la sua cronologia, sin dalle origini. Da un lato si tratta di una delle poche correnti ad avere una data di nascita e una di morte piuttosto precise, dall’altro è diventato poco più di un aggettivo, continuamente collegato impropriamente a romanzi e opere varie, che nei fatti nulla hanno a che vedere con la sua storia…

Meme-swarm e Microtrading, di Franco “Bifo” Berardi | NAZIONE OSCURA CAOTICA


Sul blog della NazioneOscura un folgorante articolo di BiFo (Franco Berardi) che analizza il sistema politico-sociale-finanziario attuale identificando, univocamente e senza tema di smentita, qual è il germe del sistema liberista e il trucco da esso utilizzato affinché si fosse arrivati a un paradigma in eterna crescita, un modello virtuale assolutamente innaturale, antientropico, di cui continueremo a lungo a pagarne le conseguenze, visti gli sviluppi del sistema in questi giorni, proprio a casa nostra. Vi lascio ad alcuni estratti delle considerazioni di Franco:

Traduciamo un articolo di Franco “Bifo” Berardi, apparso il 4 febbraio 2021 su “Ill Will“, che ringraziamo: qui il link dell’originale in inglese.

Con l’inizio del secondo anno dell’Era della Pandemia, la battaglia finale tra l’umanità e il capitalismo sfrenato sta diventando brutta: il cappio si sta stringendo intorno al nostro collo.
La privatizzazione di tutto è stata la tendenza generale degli ultimi quarant’anni. L’11 settembre 1973, un assassino nazista sostenuto da Henry Kissinger rovesciò Salvador Allende e prese il potere in Cile, uccidendo trentamila militanti di sinistra. Da allora, l’economia è stata sottomessa ai sostenitori di Chicago della ricerca illimitata del profitto, con il suo programmatico taglio dei salari dei lavoratori. Così iniziò l’era duratura del Neoliberalismo, premessa della dottrina hitleriana della selezione naturale.

Nel primo mese dell’Anno 2 dell’Era della Pandemia, la Silicon Valley mette in scena il suo colpo finale: il Presidente degli Stati Uniti d’America (lo stesso che Dorsey e Zuckerberg avevano servito quando era un vincitore) viene privato del suo diritto di parola. Lo stesso mese, Big Pharma prende il controllo della vita della maggior parte della specie umana, riaffermando il privilegio coloniale della razza bianca di predatori sul Sud globale: il nazionalismo dei vaccini annuncia la sua intenzione di frantumare completamente un ordine geopolitico già traballante.
I segni del caos sono ovunque: una democrazia liberale in dissolvenza è incapace di fermare la diffusione della guerra civile globale a bassa intensità tra le sue identità conflittuali. Più recentemente, una nuova sequenza caotica è emersa nel campo della finanza, mostrando segni di diventare potenzialmente un fattore permanente di instabilità.

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A poco, a poco Apocalisse! | FantasyMagazine


Su FantasyMagazine la segnalazione di A poco, a poco Apocalisse!, libro per ragazzi scritto da BiFo – Franco Berardi  – adatto a suscitare nelle nuove generazioni la voglia di un futuro migliori, visti i tempi che stiamo vivendo.

A poco, a poco Apocalisse! è un libro speciale, un libro poetico e prezioso – come una canzone rap – realizzato per le migliaia di ragazzi e ragazze che hanno riempito le piazze italiane ed europee, lottando contro i cambiamenti climatici, per il pianeta Terra.

Una poesia per la fine del mondo dedicato alle ragazze e ai ragazzi ma soprattutto una guida per il nuovo mondo che verrà. Un mondo tutto da reinventare. Il primo libro per ragazzi di Franco Berardi Bifo – un mix di poesia e rivolta – è un testo concepito per sorprendere e sconvolgere i ragazzi e (anche) i loro genitori.

La pandemia, la crisi ambientale, un futuro sempre più precario, le guerre che aumentano di intensità e accerchiano l’Europa, il pianeta che ci sfugge dalle mani.

A poco, a poco Apocalisse! è un grido di dolore – un avvertimento – e contemporaneamente è la proposta di un cambiamento – uno slittamento nel modo di vedere le cose –  o forse, è una versione inedita del futuro che ci attende. Un punto di vista inedito sulla crisi di futuro che attraversa tutto il nostro pianeta.

Possibilità, potenza e potere, secondo Bifo | L’indiscreto


Su L’indiscreto una bella intervista a Bifo, da parte di Francesco D’Isa. Un estratto:

La “tempesta di merda” con cui si apre il libro non è una novità; già in passato le tecnologie dell’informazione hanno innescato degli eventi per via della semplice interazione con la psicologia individuale e di gruppo. Per fare un esempio, la caccia alle streghe è stata probabilmente un effetto collaterale della diffusione della stampa e delle incisioni popolari. In ambito economico, l’importanza delle informazioni negli scambi commerciali è ben documentata già dal 1300 e a cambiare, più della struttura del sistema, è la velocità con cui si attua. In questo caso credi che una differenza quantitativa porti inevitabilmente a una differenza qualitativa?

Non sono d’accordo con l’inizio della domanda. Insisto che la tempesta di merda è una novità. È vero come tu dici che le innovazioni tecnologiche della comunicazione hanno sempre prodotto dei mutamenti nelle modalità del pensiero, e particolarmente dell’opinione pubblica. Il caso delle tecnologie di stampa lo dimostra: la diffusione del testo scritto rese possibile una diffusione della critica come facoltà cognitiva di massa. Ma in quel caso si verifica il contrario di una tempesta: dalla diffusione della scrittura a stampa, dalla riproduzione tipografica della parola discese nei secoli moderni un ordinamento logico del pensiero collettivo.

È anche vero che questo ha reso possibile la formazione di flussi irrazionali nel pensiero, come mostra il rapporto tra immagini demoniache popolarizzate e caccia alle streghe. Ma l’effetto complessivo della scrittura e della diffusione a stampa della scrittura è quello di un ordinamento del mondo, di una uniformazione delle attese. Il contrario accade per effetto della moltiplicazione elettronica dell’informazione. E penso senz’altro che una trasformazione quantitativa della velocità, dell’intensità e della pervasività della produzione semiotica produce effetti di sovraccarico mentale che ridefiniscono le modalità cognitive di ricezione. Il sovraccarico blocca la critica, oltre un certo livello di intensità. È questa la tempesta di merda.

La tempesta di merda è il passaggio verso un’altra velocità della mente umana? Può darsi, ma per il momento è una condizione di azzeramento della capacità di ordinamento della mente collettiva.

Kris Cohen – Never Alone, Except for Now: Art, Networks, Populations | Neural


[Letto su Neural]

“A causa di un’intensificazione dei segnali elettronici […] la percezione dell’altro e del suo corpo viene rimodellata” afferma il filosofo italiano Franco ‘Bifo’ Berardi, e il rimodellamento di questa percezione è probabilmente uno dei cambiamenti più importanti e sottovalutati, indotti dal nostro intenso uso dei media digitali. Con questo libro Cohen entra nel merito di questo cambiamento, affrontando il paradosso della partecipazione attiva in un ambiente online sovraffollato e allo stesso tempo del sentirsi soli. Lo fa attraverso una definizione centrale di “forma di gruppo” usata per spiegare l’interrelazione tra le popolazioni e la dimensione pubblica. Per comprendere la “vita in rete” e le sue implicazioni utilizza una metodologia chiamata “ekphrasis”, che genera un “vocabolario dell’esperienza”. Utilizza anche alcuni casi studio, tra cui romanzi (il “Pattern Recognition” di Gibson), opere d’arte (Felix Gonzales-Torres’ candy works, I March in the Parade of… di Sharon Hayes e Beacon di Thomson & Craighead), per affiancarle a casi specifici di socialità su Internet. In questo senso, riesce a collegare il “pubblico” che gli artisti includono nelle loro installazioni con l’esposizione personale che stiamo permettendo nelle reti. Egli definisce le “relazioni mediate” e ammette apertamente come la mercificazione sia ciò che guida la conversazione sulla forma e l’estetica del gruppo. Questa estetica è l’estetica specifica della collettività, che Cohen afferma essere la “chiave per comprendere la logica della vita in rete”.

Nazismo o Fina(n)zismo? | NAZIONE OSCURA CAOTICA


Sul blog della NazioneOscura una citazione di Franco Bifo che s’interroga – anche lui – sul momento sociopolitico attuale, con un lucido respiro europeo e mondiale, citando forse le forze oscure di qualche Grande Antico che era dietro, probabilmente, anche al Nazismo. Che sembra riproporsi, come i peperoni, e intanto l’ombra della RACHE si allunga terrificante sul nostro prossimo futuro.

“Comunque vada a finire l’imbarazzante spettacolo della terza repubblica, netta è la sensazione che la svolta italiana del 4 marzo, oltre a seppellire per sempre la sinistra liberista, sia il colpo definitivo all’ordine globalista e alla democrazia liberale. Cosa accadrà nei prossimi mesi in Italia lo vedremo, ma intanto siamo entrati definitivamente nell’epoca del dopo. Le sparpagliate truppe democratiche si azzuffano tra di loro e pateticamente si illudono che la loro democrazia ritornerà: ma il vecchio ordine liberal-democratico è andato, e il nuovo ordine è questo. Il risentimento della società impoverita e umiliata si esprimerà a lungo nella forma della vendetta nazionalista. Anche se la vendetta nazionalista non smonterà l’automa finanziario.
Come definire il nuovo ordine? La parola “populista” mescola la rabbia sociale di coloro che hanno un salario decurtato dalle politiche liberiste, e il nazionalismo aggressivo che nasce dall’umiliazione inflitta dalla gabbia finanziaria. Queste due questioni vanno distinte. La parola populismo è un pudico eufemismo storicamente impreciso.
Il nome tecnico di quel che sta accadendo in tutto l’Occidente è: nazional-socialismo. Non è una parola nuova? Lo so e me ne dispiace, ma questo è quello che passa il convento. Lo stesso nome per lo stesso fatto, per la stessa dinamica sociale, e probabilmente anche per lo stesso esito. Ma questo lo vedremo.
Intanto facciamoci alcune domande: riuscirà la diarchia dove fallì Syriza nel 2015? Riusciranno Salvini e Di Maio a rompere la gabbia del capitalismo finanziario cui Tsipras dovette piegarsi pur avendo il 62% dei voti al referendum di luglio? Tsipras, che piaccia o no, (a me non piacque) si comportò da persona responsabile. Tentò di proteggere il suo popolo dalla violenza predatoria del sistema finanziario. Che poi ci sia riuscito è un altro discorso, ma fu costretto a piegarsi al volere del più forte.
Salvini non avrà gli stessi scrupoli, anche perché lui sa bene di avere il coltello dalla parte del manico. L’Italia ha un peso economico e politico di gran lunga superiore alla Grecia, e tra il 2015 al 2018 l’Unione Europea si è ridotta a un cadavere di cui resta solo lo scheletro: la governance finanziaria, il sistema di automatismi che hanno depredato la società riducendo i salari, precarizzando il lavoro, abbattendo strutture dello stato sociale. L’Unione Europea è una finzione, un organismo politico che non può decidere niente, un castello di interdizioni reciproche: i nordici interdicono ulteriori cessioni di sovranità, i Visegrad interdicono la redistribuzione dei pochi migranti che arrivano sulle coste del sud. Ma il paradosso europeo consiste proprio nel fatto che, per quanto l’Europa non esista più, nessuno può liberarsi dall’euro e dal sistema di obblighi che esso comporta, chiamato Fiscal Compact e inserito nella Costituzione con un atto di violenza criminale.
Ma perché l’Italia dovrebbe pagare il suo debito ora se negli ultimi dieci anni l’ammontare del debito è aumentato in maniera astronomica proprio perché gli italiani hanno accettato di pagarlo? L’avevamo capito fin dal principio: se paghiamo il debito il debito crescerà, perché l’anno prossimo la produzione si sarà ridotta e l’imponibile si sarà ridotto di conseguenza, e dovremo aumentare il debito per poterlo pagare. Ma la sinistra liberista non ha voluto ascoltare ragioni, ci ha portati a questo punto e ora finalmente scompare.
E poi?
E poi ne riparliamo domani.”

27-5-’18

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