Una corposa analisi su AxisMundi delle sparizioni di bambini, fenomeni che da sempre hanno attraversato l’arco della cultura umana, mettendole in correlazione con la leggenda delle fate, con i recenti fenomeni di rapimenti alieni, e parlando più estesamente con lo sciamanesimo (Sincronicità vuole che proprio in queste ore sia stato pubblicato un articolo di Repubblica a riguardo), così come è ben esplicato in Sciamani, di Graham Hancock.
L’articolo è lungo e molto interessante, per chi già sa qualcosa di queste leggende perpetuate dall’Antropologia e dalla trascendenza è un ottimo approfondimento; qui sotto, un piccolo estratto:
La credenza nell’esistenza di un «popolo segreto», dimorante in una dimensione altra ma sovrapposta alla nostra, cui si accede per mezzo di “portali” all’interno di montagne, colline o antichi tumuli sepolcrali, è diffusa pressoché in tutto il mondo e soprattutto nella parte settentrionale dell’emisfero (Europa e Nord America). Particolarmente ricca a riguardo è la tradizione folklorica scozzese, che fa menzione di tali entità con i nomi di Sith o «Buon Popolo», e quella irlandese, che li denomina Sidhe o Gentry. In Inghilterra sono noti come Fairies, in Francia come Fées e in Italia come Fatae (Fate). Nel foklore europeo vi sono molteplici testimonianze di uomini a cui, volontariamente o loro malgrado, è stato concesso l’ingresso nel regno sotterraneo (Fairyland) in cui il «popolo segreto» vive. In questa sede ci vogliamo concentrare su un tipo di “visite” ben preciso, quello connesso al rapimento di bambini appena nati e di donne umane da adibire a nutrici nel “regno sotterraneo”.
Rapimenti di nutrici e bambini
Iniziamo la nostra trattazione citando un passaggio del reverendo scozzese Robert Kirk nella sua opera seminale The Secret Commonwealth (Il Regno segreto, ed. it. Adelphi), scritta sul finire del Seicento. Tra le «trasgressioni ed atti delittuosi e peccati» che i Sotterranei sono soliti compiere — ci informa Kirk — vi è quello di «rubare nutrici per i loro figlioli, o quell’altro tipo di ratto che consiste nel portar via i nostri bambini (può essere perché sono eredi di qualche terra in quei possessi invisibili) che non ritornano mai» [pp. 32-33]. Già da questa citazione si possono estrarre diversi motivi mitici, il primo dei quali, quello della «nutrice dei fairy», è piuttosto diffuso a livello globale: lo ritroviamo in tutta Europa e in molte zone dell’Asia fino al Giappone, e addirittura sulla costa americana che si affaccia sul Pacifico. In secondo luogo, si può notare come già nel XVII secolo si ipotizzasse che i bambini rapiti dai Sotterranei fossero «eredi di qualche terra in quei possessi invisibili» ovvero, in altre parole, frutto di quelle unioni tra gli appartenenti a quel popolo misterioso e gli esseri umani di cui parla il folklore.
Considerando questa ipotesi si può vedere un senso nella necessità che tali figli siano allevati con l’aiuto di madri umane: anzi, da quanto traspare dai racconti popolari scozzesi sembrerebbe che senza l’aiuto delle nutrici umane tali bambini non potrebbero sopravvivere nel loro mondo. Questi ultimi sarebbero dunque esseri ibridi, a metà tra la corporeità umana e quello stato intermedio-volatile che caratterizza i fairies nelle tradizioni popolari.
E, tuttavia, si racconta che il popolo fatato non si limitasse a sottrarre i bambini, ma provvedesse finanche a sostituirli con un changeling («immagine perdurante»). Scrive Graham Hancock [Sciamani, p. 396]: «non solo le creature magiche rapivano bambini sani e felici, ma li sostituivano con esseri non del tutto umani», che gli studi etnografici e folklorici riferiscono come «magri e irrequieti, brutti e deformi, deboli ma estremamente voraci, capricciosi e sempre insoddisfatti».
Queste caratteristiche del changeling erano conosciute anche dal folklore slavo: anche qui i «bambini sostituti» vengono descritti come voraci e aggressivi ed inoltre si dice che crescessero più lentamente e che iniziassero a camminare e a parlare più tardi della norma. Ancora: si tramanda che piangessero continuamente, dormissero male, apparissero sproporzionati nelle membra, ridessero in modo bizzarro e — addirittura, secondo alcuni racconti — qualcuno sostiene che potessero sviluppare anche delle corna. Una canzone tradizionale gaelica in particolare ricorda queste credenze: la voce narrante è quella di una fata che desidera rapire il bambino «colorito, paffuto e buono» di una donna umana, per sostituirlo con la propria progenie naturale: «Lui è il mio bambino goffo,/avvizzito, calvo e tonto,/ deboluccio e con poche qualità» [p. 396].
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