HyperHouse
NeXT Hyper ObscureArchivio per novembre 19, 2019
Piccola recensione a Viale dei silenzi, di Giovanni Agnoloni
Ho terminato da poche ore la lettura di Viale dei silenzi, romanzo di Giovanni Agnoloni edito da Arkadia Editore. Chi conosce Giovanni si aspetta dalla sua prosa un delicato intreccio di fantascienza ed esoterismo, una perfetta sintesi di fantastici diversi eppure congruenti che mirano a una forma di trascendenza dal sapore mistico e, al contempo, reale.
Invece con Viale dei silenzi l’autore si è misurato con un obiettivo diverso, più elevato: ha calato la sua sensibilità nel contemporaneo, nel quotidiano, ha cercato di raccontare la sua versione di quello che possiamo definire mainstream, ovvero letteratura non di genere; di certo, però, non è cambiato il suo stile, a dimostrazione che chi sa scrivere affronta senza problemi ogni possibile variante dell’arte letteraria.
Cosa racconta Agnoloni in questo suo nuovo romanzo? Di una ricerca irrefrenabile del padre, non affannosa, non frenetica, ma sistematica; la lancinante mancanza di un genitore anima il protagonista della storia – dietro cui è facile scoprire proprio l’autore, scrittore anche nella finzione del libro – il quale attraversa il cuore di un’Europa contemporanea, forse preconizzante gli scenari distopici che in precedenza Giovanni aveva delineato nella “Trilogia della fine di Internet”, inseguendo le tracce che il genitore ha lasciato – in fuga, perché? – in nazioni anche assai diverse tra loro (Polonia, Germania, Irlanda; la Toscana sempre sullo sfondo).
Pochi i personaggi coinvolti nel romanzo, ma ben nitidi; molte le suggestioni che Agnoloni narra e i meccanismi del noir, del thriller e del flusso di coscienza si coniugano perfettamente tra loro, sciolti da una prosa semplice e aulica, complessa e fruibile, fino a mostrare una tensione interiore che fa del rimpianto, del dispiacere e della ricerca di un rapporto perduto una bandiera che può essere sventolata dai connettivisti, compagni di Giovanni nella scrittura di genere che da tempo hanno imparato a guardare verso gli scenari, prima sconosciuti, del mainstream.
E la fine del romanzo? Una sorpresa, un giusto e inevitabile epilogo che apre le prospettive del futuro in cui, è inevitabile, il mondo del fantastico regna tuttora sovrano e indisturbato. La perfetta crasi tra due declinazioni del narrare porta a un solo inevitabile risultato: l’arte.
Incollo qui sotto la quarta fornita da Arkadia; il libro è disponibile in cartaceo al prezzo di 15€. Buona lettura!
Un’indagine nei territori della memoria. La ricerca di un padre misteriosamente scomparso da parte di un romanziere girovago. Un viaggio sospeso tra Varsavia, Berlino e l’Irlanda, con il ricordo della Toscana che riemerge da uno sfondo di esperienze sofferte, insieme a segreti ancora da scandagliare. E quando tutto sembra perdersi nei rivoli di un’esistenza schiacciata dal quotidiano accade un incontro inaspettato ed enigmatico con una donna-musa giunta da lontano a rivelare aspetti nascosti della verità, innescando uno spietato confronto mentale tra l’Italia di un tempo e ciò che ne è rimasto. Viale dei silenzi è un romanzo viscerale, che si addentra nel tormento creativo di uno scrittore sradicato e umanamente incompiuto. La risposta ai suoi interrogativi potrà venire solo dal seguire un itinerario sospeso sul fantasma di un’Europa lacerata, dove ogni punto di riferimento sembra essersi frantumato.
Israel Martinez – Pausa | Neural
[Letto su Neural]
Israel Martínez, sound artista messicano di base a Guadalajara, è incline ad un attivismo politico-sociale alquanto intenso e critico, fortemente influenzato dallo stesso contesto nel quale vive, una realtà pregna d’accadimenti semplici e quotidiani, ricca d’elementi in qualche modo furtivi. Non è un caso insomma se le atmosfere evocate in questo album siano spesso vibranti di quelli che sono silenzi pieni di sonorità e nell’assumere l’atto di ascolto come essenzialmente concettuale, poetico ed estetizzante, lo sperimentatore operi anche una netta scelta di vita. Per Martinez è urgente dare una dimensione spazio-temporale a ogni emergenza auditiva, sia utilizzando solo field recording, sia in composizioni che fanno uso di sintesi e processi digitali. Adesso – dopo un periodo molto attivo tra il 2005 e il 2013 – Martinez ha deciso d’imprimere una differente cadenza alla sua attività in studio e alle performance. Questo Pausa– edito da Aagoo – viene pubblicato in concomitanza con la prima della performance sonora Love and Rage , premiata dalla CTM 2019 Radio Lab Call a Berlino. Martínez riesce a infondere in ogni suono una malia particolare invitando a una percezione attenta e guidando l’ascoltatore passo passo fra disseminati silenzi e flussi d’energia, sgocciolamenti e affinate sintonie, metalliche emissioni e rumori di fondo. C’è un’incredibile maestria in queste composizioni assemblate apparentemente di nulla. Un sibilo, una ripetizione meccanica che può sembrare un battito d’ali, cigolii, raschiamenti e tutto un catalogo d’emissioni sonore mai ridondanti o casuali nella loro esposizione partecipa del risultato finale. Di certi intrecci è difficile decifrare con certezza la provenienza: non è chiaro – ad esempio – se quelli che sentiamo siano cinguettii d’uccelli filtrati sinteticamente o se vi è in aggiunta qualche altro tipo di cattura auditiva – che posizionata in un difforme contesto assumerebbe altre sembianze. In alcuni casi sono probabilmente utilizzati suoni provenienti da altre registrazioni, sovrapposti ad arte, ma non allo scopo di generare confusione o una sibillina incertezza, quanto piuttosto per ottenere effetti precisi, che comunque coinvolgono la nostra percezione, producendo uno sfalzamento fra ciò che è reale e quello che comunque è immaginazione. I sei brani, che sono stati scritti e registrati nel corso degli ultimi sei anni e nelle condizioni più disparate, sono assai vividi e coinvolgenti, pur nel loro radicale sperimentalismo: l’ascolto è sempre piacevole e ricco di sorprese, senza mai scadere in soluzioni banali o approssimative.
Robot 88 guarda all’oriente | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com la segnalazione del nuovo numero di Robot, l’88. Molta, moltissima carne al fuoco; ecco l’abstract:
Secondo gli osservatori più attenti la fantascienza del futuro non verrà (o non verrà solo) dall’Occidente ma anche e forse soprattutto dall’Oriente. Alcuni paesi come la Cina addirittura investono nella fantascienza, la promuovono, la insegnano nelle scuole. Su Robot abbiamo avuto diversi autori cinesi o cino-americani, questa volta un’autrice giapponese e una malese (che vive a Londra) con due splendidi esempi di come si possa combinare il fantastico tradizionale orientale con la fantascienza più pura. Fumio Takano racconta una storia di esperimenti di fisica nucleare e Zen Cho propone un racconto (premio Hugo) che parla di creature davvero aliene.
Tornando in Italia abbiamo una parata di grandissimi autori italiani: Dario Tonani col suo Mondo9, Franco Ricciardiello, Lanfranco Fabriani (sì, con il suo UCCI) e due tra le più promettenti nuove voci che stanno dando vita alla nuova età d’oro del fantastico italiano. Poi parliamo di nuove tendenze con Sandro Pergameno, di una grande autrice poco valorizzata con Salvatore Proietti, di una colonna del fantastico italiano con Gianfranco de Turris, di Good Omens e intervistiamo una grande artista: Galen Dara.
Ciao a Francesca Fichera
Prendo spunto dall’articolo di Fantascienza.com che annuncia a tutto il mondo della FS e del Fantastico italico la morte di Francesca Fichera, avvenuta due giorni fa dopo un serrata battaglia contro il male che l’attanagliava, per esprimere il mio sconcerto e il ricordo che ho di lei, mai vista di persona ma frequentata attraverso i suoi scritti e una breve telefonata per alcuni possibili sviluppi editoriali. Inutile dire – o forse no – quanto questa notizia abbia sconvolto me e chi le era intorno, connettivisti e redazione della Kipple che, per prima, aveva trovato in lei l’indiscutibile vincitrice di un’edizione dello ShortKipple; io vorrei soltanto aggiungere che una sensibilità così spiccata, una capacità di struggere l’anima e di renderci più introspettivi, non è comune ed è profondamente ingiusto che un essere così sublime abbia dovuto subire lo strazio di una lotta impari, che infine l’abbia portata via a tutti noi, suoi affezionati amici, lettori, estimatori della sua bella persona.
Mi sento molto triste e vorrei soltanto che nessuno di noi la dimenticasse sottilmente, col passare dei giorni, delle settimane, della nostra vita. Francesca, è stato bellissimo averti conosciuta in questa tempesta psichica che amplifica il nostro intimo esistere: che l’immagine delle nostre lacrime renda più lieve qualsiasi cosa tu possa percepire di noi.
Anders Fager: Culti svedesi – Ver Sacrum
Su VerSacrum la recensione a Culti svedesi, la raccolta di racconti di Anders Fager uscita per Hypnos.
Anders Fager sembra influenzato, più che da Lovecraft, da Clive Barker anche se ammetto che ha un suo immaginario personale e questo lo rende originale e diverso da molto horror attuale. Si è parlato anche di James Ellroy ma sinceramente non ce l’ho trovato almeno in questo libro. Alla fine le divinità del Pantheon “ lovecraftiano” hanno un valore meramente citazionistico. Nel primo racconto – Le furie di Borås – troviamo una congrega di ragazze devote al culto di Shub Niggurath. La storia in realtà non è male e ha una sua potenza: lo stile di Fager è semplice e tagliente come una lama e ci conduce nel cuore di un bosco svedese dove infine verrà sacrificato a Shub Niggurath un ragazzo (denominato “il Manzo”). La storia successiva – Il viaggio della nonna– ha uno stile concitato ed è forse la migliore di questa raccolta. Si narra del viaggio di due strani fratelli dalla Svezia alla Slovenia (durante la guerra nell’ex Jugoslavia) per riportare a casa la Nonna nascosta in un convento in Slovenia. La Nonna è una persona che si intuisce avere fattezze mostruose e una stretta parentela con Yog Sothoth. Durante questo viaggio al termine della notte le anomalie vengono rivelate gradualmente.