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Archivio per ottobre 9, 2018

Possibilità, potenza e potere, secondo Bifo | L’indiscreto


Su L’indiscreto una bella intervista a Bifo, da parte di Francesco D’Isa. Un estratto:

La “tempesta di merda” con cui si apre il libro non è una novità; già in passato le tecnologie dell’informazione hanno innescato degli eventi per via della semplice interazione con la psicologia individuale e di gruppo. Per fare un esempio, la caccia alle streghe è stata probabilmente un effetto collaterale della diffusione della stampa e delle incisioni popolari. In ambito economico, l’importanza delle informazioni negli scambi commerciali è ben documentata già dal 1300 e a cambiare, più della struttura del sistema, è la velocità con cui si attua. In questo caso credi che una differenza quantitativa porti inevitabilmente a una differenza qualitativa?

Non sono d’accordo con l’inizio della domanda. Insisto che la tempesta di merda è una novità. È vero come tu dici che le innovazioni tecnologiche della comunicazione hanno sempre prodotto dei mutamenti nelle modalità del pensiero, e particolarmente dell’opinione pubblica. Il caso delle tecnologie di stampa lo dimostra: la diffusione del testo scritto rese possibile una diffusione della critica come facoltà cognitiva di massa. Ma in quel caso si verifica il contrario di una tempesta: dalla diffusione della scrittura a stampa, dalla riproduzione tipografica della parola discese nei secoli moderni un ordinamento logico del pensiero collettivo.

È anche vero che questo ha reso possibile la formazione di flussi irrazionali nel pensiero, come mostra il rapporto tra immagini demoniache popolarizzate e caccia alle streghe. Ma l’effetto complessivo della scrittura e della diffusione a stampa della scrittura è quello di un ordinamento del mondo, di una uniformazione delle attese. Il contrario accade per effetto della moltiplicazione elettronica dell’informazione. E penso senz’altro che una trasformazione quantitativa della velocità, dell’intensità e della pervasività della produzione semiotica produce effetti di sovraccarico mentale che ridefiniscono le modalità cognitive di ricezione. Il sovraccarico blocca la critica, oltre un certo livello di intensità. È questa la tempesta di merda.

La tempesta di merda è il passaggio verso un’altra velocità della mente umana? Può darsi, ma per il momento è una condizione di azzeramento della capacità di ordinamento della mente collettiva.

Strani giorni: Premio “La Scapigliatura – Milano bohemienne”


Ancora premi per Ettore Fobo. Vi riporto qui sotto il suo post dove dettaglia l’ennesimo e meritato riconoscimento: complimenti ancora una volta!

Sabato 6 ottobre in via Laghetto 2 a Milano, dalle 14 alle 18, presso l’associazione ChiamaMilano, c’è stata la premiazione del Premio “La Scapigliatura – Milano bohemienne”, dove mi sono classificato al secondo posto con questa poesia. Il premio è organizzato dalla Associazione Unica Milano.

Luz & Climax: nessuno uscirà esorcizzato di qui | PostHuman


Su PostHuman la recensione  a due film, Luz e Climax, che della possessione demoniaco fanno la loro cifra stilistica ma, soprattutto, fanno dell’innovazione la loro bandiera. Perché parliamo sì di umani invasati, ma con nuove dinamiche. Vi lascio alle parole di Mario Gazzola:

La trama di Luz è semplice, anche se l’interpretazione assai meno: Luz (l’intensa, sorprendente Luana Velis, sopra a sinistra) è una giovane tassista di origine cilena in un’imprecisata città di lingua tedesca. Entra da sola e visibilmente contusa in una stazione di polizia, deve essere interrogata dall’ispettrice Bertillon (Nadja Stübiger, foto sotto a sinistra), assistita dal traduttore Olarte (Johannes Benecke), isolato in cabina dietro un vetro con le cuffie, e dallo psicanalista Rossini (Jan Bluthardt). Quest’ultimo però è stato prima avvicinato in un gelido bar (unico altro ambiente del film) da un’avvenente bionda, Nora (Julia Riedler, ambedue nelle foto ai lati), che lo seduce, lo ubriaca e sembra impossessarsi di lui (immagine a destra).

L’obiettivo è ricostruire cosa ha fatto Luz nelle ultime 24 ore in quel taxi, per arrivare in quello stato al commissariato. Non sarà facile. Lo psicanalista si serve dell’ipnosi regressiva per ricostruire il passato della ragazza: ribelle in un collegio femminile cattolico cileno, sembra aver effettuato rituali sciamanici su una compagna di scuola. Tilman Singer procede per flash, abbagli – sia visivi che narrativi – senza regalarci spiegazioni: come però dice lui stesso in un’intervista su Dread Central, “c’è un’entità demoniaca che desidera quella ragazza” e, beffandosi dell’ipnosi, risalirà dal corpo dell’amica e compagna di scuola Nora ad occupare quello dello psicanalista (foto a destra), che finirà per spogliarsi e rivestirsi da donna, per poi accostarsi a Luz in un bacio saffico per interposto corpo. Il ritmo è sempre più frenetico, la stanza si riempie di nebbia come se Luz fosse in grado di materializzare l’ambiente esterno nella sala dell’interrogatorio, rivive l’incidente, i due poliziotti sono sconvolti, Bertillon spara nella nebbia. Ma a chi?

Niente preti, nessun esorcismo, niente rigurgiti verdastri né teste che ruotano sul collo a 360°. Ma neanche alcuna catarsi finale a sciogliere la tensione. Alla fine, Luz esce dal commissariato da sola, esattamente come vi era entrata, seguita dalle frasi che l’hanno accompagnata a più riprese per tutto il breve film (70’): una parafrasi blasfema del padre Nostro e la domanda “è proprio questo che vuoi? Come puoi continuare a vivere in questo modo?”. Ma chi veramente sta uscendo da quel luogo?

Potremmo poi fin cedere alla tentazione di un vago parallelo con lo straniamento psichedelico del Climax di Gaspar Noé: un vero saggio sulla techno come nuova psichedelia, a sua volta visto al MFF e – per quanto diversissimo – chiuso in un bozzolo di pari ellissi narrativa (in cui il regista ci guida mostrandoci le sue vhs di Possession – guarda un po’ – Suspiria, Un chien andalou, Querelle e Inauguration of the Pleasure Dome di Kenneth Anger, secondo me il riferimento più diretto del suo film). Nessun demone se non quello della droga nel film del provocatore francese sulla festa dei ballerini ma, come dice Gomarasca nella sua recensione per Nocturno, “un’affascinante quanto ripugnante messa dionisiaca dove le peggiori atrocità accadono di fronte a una platea incapace di dare un valore morale alle azioni compiute”.
E, se pensiamo che fra i cartelli posti a stacco fra le scene verso la fine si staglia quello che dice “la morte è un’esperienza fantastica”, non sembra poi così fuori luogo collegare questo “rave di morte” col suo precedente Enter the Void sulla trasmigrazione delle anime e, per proprietà transitiva, coll’ermetico debutto di Singer.
Volo pindarico? Se seguite i movimenti di macchina ubriachi del Noé, cosa non lo è?!

MP Hopkins – G.R/S.S | Neural


[Letto su Neural]

Il sound artista australiano MP Hopkins vive e lavora attualmente in quello che a tutti gli effetti è territorio aborigeno, nel New South Wales, una zona costiera che a giudicare dalle mappe non dovrebbe essere poi molto lontana da Sydney. Quello al quale sembra interessato Matthew Philip – questo il suo nome doppio che corrisponde all’acronimo MP – è una sorta di miscellanea di linguaggi, preferibilmente ricondotti a non convenzionali e melanconiche atmosfere, materiale sorgente grezzo che viene utilizzato per produrre sensibili composizioni elettroacustiche. The Gallery Rounds – che diventa altrettanto laconicamente G.R/S.S – è stato assemblato ricomponendo varie field recording catturate in gallerie, musei e altri edifici istituzionali australiani fra il 2014 e il 2017 e l’approccio a un primo ascolto sembra aver molto in comune con la tradizione improvvisativa, ammendata forse da un lavoro di studio appena più meticoloso ma comunque associativo delle diverse suggestioni, spesso lasciate più diradate nei tempi e comunque non focalizzate su riferimenti diretti ai luoghi di cattura. Non vi è nessuna concettuale relazione fra i suoni e gli artisti esposti negli spazi oggetto della ricerca. Piuttosto è stata vigile l’attenzione su varie e meno accertabili combinazioni involontarie, ad esempio il traffico esterno o i lavori di costruzione in alcune aree che si fondevano con i suoni di video e sculture cinetiche o l’attività umana quotidiana e i suoni degli edifici stessi registrati mentre si svolgevano spettacoli, colloqui o conferenze, oppure in altre varie intrusioni negli spazi esterni adiacenti. Da un certo punto di vista, insomma, non cambia poi tanto che questi siano stati luoghi di cultura designati – così ci piace pensare – se per l’autore il concetto sottostante è stato quello di dar vita a una sorta di diario audio, mettendo in evidenza l’ipotetico punto di vista dell’ascoltatore/spettatore, comunque un consumatore. L’impressione è quella che un simile compendio sia stato alquanto “romanzato”, a volte in maniera volutamente accattivante, in altre lacunosa, allo scopo di riflettere proprio sulla natura di questo consumo. Su tutto aleggia comunque un personalissimo “gusto” musicale dell’autore, per il quale non è poi così “neutrale” combinare assieme le diverse sessioni o poi ricomporle in una sorta di scambio astratto e sensibile.

Lo spazio variabile


Il rinforzo è auspicato nella sede naturale delle diversificazioni, quando la notte diviene noia e l’angusto spazio evolve in agarofobia. Sai ancora trovare il tuo posto?

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