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NeXT Hyper ObscureArchivio per aprile 10, 2018
Maraboutage 3D, printing moral voodoo dolls | Neural
[Letto su Neural]
Il valore simbolico di una stampante 3D si è abbassato da quello di una macchina che avrebbe “fissato” la nostra realtà quotidiana su molteplici livelli, a uno dei tanti strumenti per produrre qualcosa legato al profitto. Questa tecnologia ha sofferto la stessa crisi evolutiva di molti altri (come ad esempio la stampa su richiesta), non tenendo il passo con l’aspettativa e la promessa industriale. Quentin Destieu del collettivo Dardex, incarna un’importante storia correlata nella sua installazione “Maraboutage 3D”. Egli produce delle bambole Voodoo a grandezza umana rappresentando Bre Pettis, uno degli inventori americani della stampante 3D, che ha beneficiato molto dalla comunità open source, ma che ha protetto con brevetto un codice fondamentale, quando ha immaginato la possibile quantità di profitti. Le bambole hanno busti distorti, ed errori nei rendering dei volti, come se la macchina si fosse ribellata al suo proprietario. Ma sembrano comunque rappresentare il rigetto delle aspettative, che Pettis rappresenta, e la libertà che ci viene concessa una volta che usiamo le nostre stesse opinioni.
PROSTITVTA SANCTAQVE (racconto completo) | Il Grande Avvilente
Un racconto di Alessandro Forlani, che testimonia la gran capacità di scrittura di quest’uomo. Dal suo blog, Prostitvta sanctaqve. Un estratto:
Benedicta e le sue Sorelle si inginocchiarono ai sacerdoti, la Imaginifer offrì il vessillo della Vergine Intransigente ai vapori radioattivi dei turiboli U-238. Cherubini biomeccanici lo spiegarono ai fari d’oro, la cui luce transustanziò lo sguardo eterno dell’Imperatore sulle insegne del loro Ordine e le figlie predilette.I servo-accoliti percorrevano le file candide delle Adepta per benedire di unguenti e salmi fucili requiem e multitermici, lanciafiamme, eviscerator e le spade potenziate. I proiettori e bracieri e ceri che sormontavano il grande altare cingolato scintillarono sui ranghi in armatura potenziata.Le unità delle Repentia e delle Pecatrix Extremae, in connessione per inde ad mortem coi Marchingegni Penitenziali, intonarono i canti funebri e i propositi di martirio; mentre le Dominae le flagellavano, scarificavano le loro carni, e ne infilzavano i seni nudi con sigilli di purezza.Le carriste degli Immolator, Catafractor e Repressor riscaldarono i motori con un canticum mechanicum: le necessarie, non ortodosse e fredde lodi dell’Omnissiah si levarono all’unisono col catechismo dell’Ecclesiarchia.L’Inquisitore dell’Ordo Hereticus Xavier Hawthorne Mengelesson le restò accanto per tutto il rito: fu distratto, irrispettoso, non ascoltò l’omelie di strage. Continuava a scansionare, digitare, verificare sul suo taccuino dati e immagini che un servoteschio gli trasmetteva dall’obiettivo.L’empia icona di pelle umana dei Sodomiti dell’Esastella profanava i santi ruderi dell’eso-eremo Ippona 13.Lei, l’Inquisitore, le Superiori delle unità ricevettero la stimm-ostia e ringraziarono con un «amen; sia fatta la volontà dell’Immortale Imperatore». I sacerdoti le congedarono con la formula rituale: «ite, et mortem fiat».Si scambiarono un proiettile dai reciproci caricatori.Benedicta salutò la sua squadra di Celestes: la attendevano sull’Immolator con le insegne di comando. L’Hospitaller Sorella Adversa, come sempre disarmata, stava iniettando le Furor Lachrime nella tiroide delle altre quattro. Le pupille di Soror Eleanor, Clara, Barbara e Delphina si azzurrarono e dilatarono di assassinio e sacra collera.«Badessa, una parola», la trattenne Mengelesson: guardò alle altre con diffidenza, «ma in privato, se non vi spiace,»«È la mia squadra: non ho segreti.»L’Inquisitore sfiorò il pulsante di un psico-costrittore sulla gorgiera sbalzata d’oro dell’armatura di plastacciaio, tornò a chiederle, per favore, che assecondasse la sua richiesta.Benedicta dové obbedire.«L’orgia dura, ininterrotta, da duecentosedici ore standard. La foia psichica dei cultisti ha lacerato la realtà: i valori dello psi-geiger», le mostrò il rilevatore, «sono troppo fuori scala.»«Rientreranno nella norma, quando li avremo ammazzati tutti.»«Fra le rovine si è aperto un varco per l’Immaterium: temo che i demoni infestino già l’eremo.»«Li bandiremo col sacro requiem, li epureremo con il promezio.»«E se non fossero entità minori?»«Eadem omnes demones indignitas legitimi. La mia fede è abbastanza salda.»
Orrore e follia nel genio di Poe – Parte terza | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la terza e ultima puntata del piccolo saggio di Sandro Fossemò su Edgar Allan Poe e l’interazione con la psicoanalisi.
Sospetto che proprio la dissociazione dal reale abbia reso possibile a Poe di essere un grande esegeta della psiche. Voglio dire che lo scrittore, da come ci viene testimoniato anche dalle riflessioni in Marginalia, dissociandosi coscientemente ma involontariamente dalla realtà, vale a dire senza cadere vittima dell’alterazione psichica, finisca per analizzare e studiare l’anima fino a comprendere paradossalmente, in modo dissociativo, quel volto oscuro della psiche descritto nei personaggi schizofrenici dei racconti. Quindi è totalmente falso e assurdo quello che sostiene Maria Bonaparte.
Edgar Allan Poe, per impedire alla sua natura strana, instabile e ossessionata di far di se stesso un vero criminale o un vero pazzo, aveva ancora a disposizione un’altra “droga”, una droga il cui uso non è alla portata di tutti; intendo parlare dell’inchiostro, con cui fissò sulla carta la sua scrittura bella e curata, le ”immagini” macabre, orribili ma consolatrici, che lo sollevavano ancora dal suo lutto.
Lo scrittore al contrario usa la propria dissociazione non per salvare se stesso dalla follia ma per indagare nella follia del prossimo. La scrittura non è stata un mezzo per evadere dalla propria pazzia ma per immergersi nella pazzia altrui. È assai probabile che Poe sia stato in un certo senso uno psicologo geniale, talmente brillante da usare la propria nevrosi per comprendere la schizofrenia umana. In questo senso, Poe era mentalmente sano perché, a differenza dei folli, era bravo nel comprendersi e nel comprendere. Solo una persona sana di mente può capire quando la ragione si trasforma in “lucida follia” perché diviene eccessivamente strumentale o maniacale a causa di un grave disturbo dissociativo destinato a sfociare nella schizofrenia.
Interessanti punti di vista, ma la chiosa di tutto l’articolo è illuminante, come se nell’opera di Poe si trovassero elementi connettivi che ricollegano le essenze del nostro mondo con un filo sciamanico, antropologico, surreale. Connettivista, se mi permettete…
La discesa agli inferi di Poe diventa un delirio nevrotico che si trasforma in un mezzo dissociativo ma necessario non solo per esprimere la potenza del sogno nella creatività artistica ma forse anche per stimolare una certa sincronicità attraverso l’archetipo, nell’abisso dell’arte metasimbolica che esprime una rappresentazione del mondo quantico, dove tutto è connesso nella coscienza collettiva universale.
Le esperienze visionarie dello scrittore americano ricordano in particolar modo gli studi dello psichiatra Rick Strassman sugli effetti psichedelici della dimetiltriptamina (DMT) prodotta dalla ghiandola pineale. In questi stati di coscienza espansa, provocati spontaneamente o con la meditazione oppure da determinate sostanze, si riesce a liberare la mente dagli abituali e rigidi schemi mentali per avere accesso a esperienze mistiche dove si possono avere intuizioni brillanti. Può darsi che gli stati visionari provocati dalla DMT possano facilitare la connessione sincronica dell’archetipo, anche con l’influenza di quelle entità intelligenti che Strassman ipotizza presenti negli stati alterati di coscienza.
Dato che Jung e Pauli hanno collegato le “connessioni significative” al futuro viene spontaneo associare la sincronicità alla sintropia. Conseguentemente, nell’arte metasimbolica di Poe possiamo ipotizzare la descrizione di eventi sintropici quando gli avvenimenti premonitori della morte vengono simbolicamente descritti sotto forma di visioni oniriche. La sintropia è un fenomeno scoperto dal grande matematico Luigi Fantappié (1901 – 1956) che ha teorizzato un tempo che scorre al contrario, vale a dire dal futuro verso il passato. In altre parole, avviene che la causa si trova nel futuro e l’effetto nel passato per il raggiungimento di uno scopo. Se dai racconti di Poe la sintropia ha luogo nei sogni allora possiamo dedurre, visto che il «sogno è l’anima» (Hillman), che l’anima sia probabilmente il cuore della sintropia. A questo punto viene spontaneo chiedersi se i sogni premonitori, senza escludere quelli legati alla morte, siano dei fenomeni sintropici, come avviene proprio nei racconti di Poe. Seguendo questa riflessione possiamo provare a proporre un altro accostamento tra Hillman e Fantappié legato alla possibilità che la sintropia si manifesta in qualche modo anche nel processo di individuazione.
Nad Spiro – Sirius Signals | Neural
[Letto su Neural]
Rosa Arruti, meglio conosciuta con il moniker di Nad Spiro, può vantare un ormai sedimentato attivismo in ambito dark-elettronico e sperimentale: dopo la sua ultima uscita su cassette, La Casa Encendida, un progetto collaborativo con Maurizio e Roberto Opalio (My Cat Is An Alien), edito da Sloow Tapes, approda adesso su Farpoint e con un formato più consueto – quello cd – torna in versione solista ad agitare sequenze piuttosto cupe ed evocative, condite da vocal e sample audio di varia origine ed ispirazione. Sul crinale d’una ricerca molto coerente e nel segno di una pratica “colta” di audio art, Nad Spiro mette in scena un sound che potrebbe appassionare anche meno eterei clubber e, seppure il progetto nasca da una residenza al Sirius Arts Centre di Cobh, in Irlanda (“Waves and Signals – The Harbour as a Setting for Acoustic Transit”), non ci meraviglieremmo davvero se questi immaginari segnali radio e soniche dissertazioni finissero per fomentare energie anche in altri spazi, che non siano quelli tipici di gallerie ed istituzioni culturali. Codici di trasmissione (reali o fittizi), elementi narrativi differentemente estrapolati (l’atmosfera nebbiosa di un porto, gli esperimenti di Marconi a Mizen Head e il suo laboratorio galleggiante Elettra, la cartografia dei naufragi e le cronache dei viaggi in questa parte caratteristica della costa irlandese) concorrono nella formazione di paesaggi sonori sensibilissimi e reattivi, poetici, inconsueti ed ammalianti. Nad Spiro v’aggiunge tutto il suo setting elettronico fatto di macchine analogiche e chitarre processate, virtual synth, impulsi radar ed effetti, ma non mancano nemmeno registrazioni occasionali e sofisticate librerie di suoni, che convergono in digressioni e percorsi risonanti, infusi della malia spettrale e notturna del porto irlandese, suggestiva località che a metà del settecento era conosciuta con il certo non rassicurante nome di The Cove. Rosa Arruti è assolutamente a suo agio in questo contesto uggioso e misterico, guidata da concatenazioni inattese e materiali auditivi dal subliminale fascino. Lungo tutte le sei tracce dispensate, l’artista fa sfoggio d’elegantissime sonorità e suggestioni auditive da sound-designer, esibendo però sentimenti ancora molto performativi, tipici di chi in passato ha calcato i palcoscenici in maniera certo meno virtuale.