Archivio per ottobre 12, 2020
12 ottobre 2020 alle 21:15 · Archiviato in Creatività, Editoria, Futuro, Kipple, Letteratura, Recensioni, SF and tagged: Alessandro Fambrini, Antonino Fazio, Danilo Arona, Franco Ricciardiello, Gian Filippo Pizzo, Impero Connettivo, Interrogazioni sul reale, Luce oscura, Lukha B. Kremo, Mariasilvia Iovine, Monica Serra, Oriente, Produco, Ridefinizioni alternative, Serena Barbacetto, Stefano Carducci
[Letto su
KippleBlog]
Sul blog InfinitiUniversiFantastici è uscita una puntuale recensione a Rizomi del sole nascente, antologia curata da Gian Filippo Pizzo che ha come tema l’Oriente e la SF. Ecco alcuni stralci, al netto della critica a ogni racconto, che la blogger Alessandra ha redatto.
I racconti ispirati, ambientati, o con un richiamo alle terre dell’Est sono stati raccolti e curati da Gian Filippo Pizzo, una garanzia; sono di vario genere e stile, mai banali.
L’editing è perfetto; la cover meravigliosa nella sua semplicità, una delle migliori che mi sia capitato di vedere ultimamente.
Consiglio vivamente quest’eccellente antologia a tutti gli amanti della fantascienza e non solo!
La quarta
Storie fantastiche, misteriose o semplicemente belle; un richiamo orientale, quasi un sapore o un’essenza che pervade l’antologia senza mai essere davvero protagonista. Una nuova selezione di racconti curata da Gian Filippo Pizzo che descrive mondi dello spazio, luoghi misteriosi della Terra e realtà mentali si fondono, creando quell’essenza che è la narrativa stessa.
Gli autori
Attivo da più di quarant’anni nell’ambito del fantastico e della fantascienza, con numerosi articoli e recensioni, Gian Filippo Pizzo ha pubblicato assieme ad altri autori 13 volumi di saggistica per editori quali Gremese e Odoya, presso il quale sono apparsi gli ultimi Guida agli scrittori italiani del fantastico (2018) e La Luna nell’immaginario (2019). Ha curato, spesso in collaborazione, 16 antologie, le più recenti delle quali sono Futuro criminale (La Ponga), Mogli pericolose (Watson) e Fantaetruria (Carmignani) tutte del 2019.
Gli autori che hanno scritto per questa raccolta sono: Danilo Arona, Serena M. Barbacetto, Sandro Battisti, Stefano Carducci, Irene Drago, Alessandro Fambrini, Antonino Fazio, Lukha B. Kremo, Franco Ricciardiello e Monica Serra.
La collana
Avatar è la collana di Kipple Officina Libraria dedicata ai romanzi e grandi capolavori prettamente italiani del Fantastico e della SF, opere contraddistinte dalla cura meticolosa dei testi e dalle ampie visioni autoriali. Il logo della collana sintetizza perfettamente il circolo del tempo, delle conoscenze, degli eventi nascosti; l’iperbole del Fantastico per spiccare il volo nella fantasia più sfrenata e meravigliosa.
Aa.vv. | Rizomi del sole nascente
A cura di Gian Filippo Pizzo
Kipple Officina Libraria
Collana Avatar — Formato ePub e Mobi — Pag. 155 – € 3.95 — ISBN 978-88-32179-24-8
Collana Avatar — Formato cartaceo — Pag. 152 – € 15 — ISBN 978-88-32179-24-8
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12 ottobre 2020 alle 18:39 · Archiviato in Cognizioni, Passato, SF, Tecnologia and tagged: Androidi, Antonio Caronia, Interrogazioni sul reale, Mitologia
Su L’Indiscreto un saggio di Antonio Caronia, che ricordiamo sempre con affetto e nostalgia per le larghe e acute vedute che ha sempre avuto; in questo caso Caronia fa il punto sulle definizioni di robot, replicanti e vie di mezzo che quasi s’identificano con lo status umano. Un estratto:
L’automa moderno, in Hoffmann come in Villiers de l’Isle-Adam, in Jean Paul come in Mary Shelley, in Goethe come in Jarry fino alla fantascienza degli anni ’30, ’40 e ’50, affonda la sua ragione d’essere in quell’interrogativo e nelle inquietudini che esso suscita. È un dubbio squisitamente “moderno”, nel senso che è inconcepibile senza la nascita della scienza moderna, senza il drastico taglio tra razionalità e irrazionalità, senza la separazione dell’uomo dal suo ambiente e la nascita della nostalgia per la Natura. E tuttavia sbaglieremmo se iscrivessimo le figure dell’automa e del robot, dell’androide e del cyborg (esseri a volte molto diversi, ma che per comodità di esposizione sono stati qui accomunati in una sola categoria) nei ruoli della modernità, come se fossero nati nel secolo dei lumi o, al massimo, alla fine del Medioevo. Moderna è la sensibilità con cui l’uomo si è rapportato con queste figure dell’immaginario: ma esse già esistevano, e anche la loro storia nell’età moderna e nella contemporaneità sarebbe incomprensibile se non ne cogliessimo i tratti che le connotavano nelle società antiche.
In condizioni così mutate, esse conservano qualche caratteristica arcaica, profonda e sedimentata nelle origini dell’immaginario collettivo: del tutto laicizzate, secolarizzate come la società che le ospita, recano ancora i segni del sacro che in altri tempi le attraversava. Ancora una volta la straordinaria sensibilità di Poe ci offre una traccia: il protagonista di un suo racconto umoristico sull’alchimia si chiama proprio come il costruttore dell’automa Giocatore di scacchi (e l’autore stesso suggerisce che si tratti della stessa persona).
Può sembrare a prima vista azzardato ricondurre alla categoria del sacro, a un atteggiamento religioso, per esempio la colomba di Archita (per citare il primo automa “storico” di cui si abbia notizia nella Grecia classica) o le elaborate macchine semoventi, a corda o a vapore, di Erone alessandrino, che tanto interesse dovevano destare nel Rinascimento italiano. Ma una serie di altri dati attenuano il dubbio. L’abilità dell’artigiano, la sua capacità di costruire ordigni e macchine prodigiosi, è celebrata in quasi tutti i miti, simbolizzata nella figura di un fabbro celeste. Il più vicino a noi è il dio del fuoco e della fucinatura della mitologia greca, Efesto (Vulcano a Roma).
Efesto, figlio deforme di Zeus ed Era (Giove e Giunone), è un artigiano robusto e abilissimo. Fabbrica vergini semoventi e tripodi animati, d’oro, per i banchetti degli dei (come si legge nell’Iliade), è il costruttore della prima donna, Pandora, anch’essa un essere artificiale (ne parla uno degli autori più misogini della Grecia classica, Esiodo). Spesso disprezzato dagli altri dei, persino da sua madre che se ne vergogna, (è questo un sintomo della scarsa considerazione in cui la cultura greca tiene le attività tecniche), Efesto mette le sue arti al servizio di una raffinata vendetta, come quando manda in dono a Era un trono semovente che incatena la madre e la porta in giro a suo capriccio, o quando immobilizza la moglie adultera Afrodite e il suo amante Ares (Venere e Marte) con sottilissime corde d’oro. In alcune pitture vascolari greche Efesto è indicato come Dedalo, l’abilissimo ingegnere umano costruttore del labirinto cretese e della vacca di legno nella quale si nasconde la regina Pasifae per congiungersi col toro: da questa unione nascerà il Minotauro. Dedalo fuggirà poi a volo dall’isola col figlio Icaro, con le note tragiche conseguenze.
12 ottobre 2020 alle 16:39 · Archiviato in Creatività, Editoria, Empatia, Fantastico, Letteratura, Oscurità, Recensioni, Weird and tagged: Interrogazioni sul reale, Luce oscura, Maico Morellini, Nefandum psichico, Olosensorialità
Su HorrorMagazine la recensione a Il ragno del tempo, romanzo weird di Maico Morellini che tanta curiosità ha suscitato in me. Ecco uno stralcio della rece:
Questa è una lettura che vi consigliamo caldamente.
La storia weird che vi aspetta è molto suggestiva e soprattutto è ben scritta. Morellini ha sempre dimostrato di avere un gran talento e anche stavolta il suo stile, fluido ed elegante, vince. Il libro risulta pienamente coinvolgente riuscendo a trasportare il lettore in un mondo inspiegabile, pieno di tensione, in cui nulla è scontato.
Il ragno del tempo è un’avventura nera e surreale dove non si riesce a immaginare quello che accadrà. L’intera storia è un crescendo claustrofobico di angoscia e garantisce una tensione totale, fino all’inatteso finale. Da finire tutto d’un fiato, anche perché non riuscirete a staccarvi dalla lettura.
Consigliatissimo per tutti, in particolar modo per chi ama i misteri e le intricate trame psicologiche.
12 ottobre 2020 alle 12:38 · Archiviato in Creatività, Empatia, Experimental, InnerSpace, Oscurità, Tecnologia, Tersicore and tagged: Adi Hollander, Anne La Berge, BandCamp, Claudio F. Baroni, Enric Monfort, Interrogazioni sul reale, Luce oscura, Michitaro Tada, Nostalgia, Reinier van Houdt, Sound Art
[Letto su Neural]
In principio c’è stata l’idea di un’ installazione sonora interattiva, The Body Imitates the Landscape, opera che è stata sviluppata dall’artista Adi Hollander organizzando un complesso di elementi che simulativi degli impianti strutturali ed estetici tipici dei parchi giochi fossero in grado di trasformare la musica in vibrazioni percepibili in tutto il corpo. L’ispirazione veniva da Karada, un libro del 2011, nel quale Michitaro Tada esplorava “il corpo” nelle sue varie implicazioni culturali, fra memoria, scienza, espressione e vita quotidiana. Il concetto alla base della messa a punto dell’installazione è stato quello d’innestare l’esperienza testuale della lettura del libro attivando un coinvolgimento maggiormente sensoriale. Fondamentale, a tal proposito, al fine di rendere attivo uno spazio per il pubblico composto da diciassette oggetti di diverse forme, con letti ad acqua, 60 panche di legno e 180 altoparlanti per trasduttori incorporati, è stata la collaborazione con il compositore Claudio F. Baroni e l’ensemble Maze. Nell’area attrezzata gli spettatori-performer espandono di fatto le loro possibilità uditive, utilizzando diverse parti del corpo e sperimentando una relazione intima con gli oggetti, un coinvolgimento abbastanza simile a quello tra due persone che condividono un segreto. La parte più specificatamente auditiva si fonda su una voce sussurrante e diradatissime sequenze musicali di stampo elettroacustico e improvvisativo. Insomma, quello che noi sentiamo in questo CD pubblicato da Unsounds, etichetta non a caso votata proprio alla sound art, alla composizione contemporanea e alla sperimentazione free form, è solo una parte di tutto l’impianto previsto dagli autori. Le undici composizioni presentate mantengono tuttavia una loro coerenza autonoma ed è messa una certa attenzione nello sviluppare armonie nascoste che esistono nel linguaggio normale, una sorta di “discorso senza voce” supportato dagli strumenti musicali – il flauto alto di Anne La Berge, il vibrafono di Enric Monfort e le tastiere di Reinier van Houdt, per citarne solo alcuni – e dove anche la sceneggiatura è basata sul testo di Tada. L’effetto complessivo è sicuramente raffinato e riflette della relazione intima tra pubblico, suoni ed oggetti in maniera sommessa e intrigante, un po’ misterica e differentemente affabulatoria.